In Italia, i docenti di sostegno assegnati agli alunni disabili sono nel 36 per cento dei casi insegnanti curricolari precari e non specializzati, per molti lo svolgimento delle ore settimanali è inferiore a quello stabilito e il 5% delle famiglie ricorre in tribunale.
A sostenerlo è l’Istat, attraverso il report nazionale, relativo alla scuola primaria e secondaria di primo grado, dal titolo “L’inclusione scolastica: accessibilità, qualità dell’offerta e caratteristiche degli alunni con sostegno”.
Dal rapporto annuale risulta che “il 36% degli insegnanti per il sostegno viene selezionato dalle liste curricolari poiché la graduatoria degli insegnanti specializzati per il sostegno non è sufficiente a soddisfare la domanda”.
E questo stato di cose è alla base della mancata continuità del rapporto tra docente per il sostegno e alunno, che infatti non risulta ancora garantita: nel 2017/18, il 41% degli alunni disabili ha infatti cambiato insegnante rispetto all’anno precedente, mentre il 12% lo ha cambiato nel corso dell’anno scolastico.
A questo proposito, il Miur ha programmato per i prossimi tre anni la specializzazione di 40 mila insegnanti di sostegno già abilitati.
Restano in lista di attesa, tuttavia, diverse migliaia di docenti già specializzati ma senza possibilità di essere assunti in ruolo (per l’Anief sarebbero addirittura 30 mila), perché “fermi” nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto: dovranno attendere gli esiti del Tif, cui hanno partecipato negli ultimi mesi, e sperare di essere convocati in occasione delle prossime assunzioni a tempo indeterminato.
Il problema è che non mancano solo docenti specializzati, ma è anche la quantità di sostegno a non essere sufficiente. “Gli alunni osservati fruiscono in media di 14 ore settimanali di sostegno. A livello territoriale il numero di ore è maggiore nelle scuole del Mezzogiorno – mediamente 3 ore in più – rispetto a quelle rilevate nelle scuole del Nord”.
Il dato è indicativo, perché, ricordiamo, a seconda del livello scolastico, le ore di sostegno settimanale variano da 18 a 22.
Ora, certamente vi sono nel computo anche gli alunni che necessitano di un numero di ore settimanali minori, ma la media, non altissima, conferma che non sempre gli alunni fruiscono dell’orario previsto in sede di programmazione.
Così, “circa il 5% delle famiglie di alunni con sostegno – dice sempre l’Istat – ha presentato negli anni un ricorso al Tar per ottenere l’aumento delle ore. Nel Mezzogiorno la percentuale di ricorsi è doppia rispetto a quella del Nord (rispettivamente 6% e 3%)”.
A “coprire” le ore mancanti potrebbero essere, allora, gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione. Ma la loro presenza a scuola, legata in primis a fondi degli enti locali, non è sempre garantita. E quando lo è, spesso è limitata.
Questo comporta che “gli alunni con gravi problemi di autonomia dispongono mediamente di 12,9 ore settimanali di assistenza all’autonomia e alla comunicazione. Nelle scuole del Nord ricevono mediamente 3 ore di supporto in più rispetto al Mezzogiorno”. I
noltre, “gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione sono circa 48mila. A livello nazionale il rapporto alunno/assistente è pari a 5,1, ma nel Mezzogiorno l’offerta è decisamente inferiore (6,5 alunni ogni assistente)”.
Infine, sempre l’istituto di statistica nazionale ha fatto sapere che “gli alunni con sostegno partecipano raramente alle gite d’istruzione con pernottamento (24% nella scuola primaria e 40% nella scuola secondaria di primo grado) prevalentemente a causa della presenza della disabilità (22% nella scuola primaria e 35% nella scuola secondaria di primo grado)”.
Su questo fronte, i motivi che portano a non far partecipare gli alunni alle visite esterne alle scuole sono diversi: non per ultimo, crediamo, vi sia quello dell’impegno probante che l’alunno comporta nell’essere seguito (da docente incaricato) 24 ore su 24 per due o più giorni.
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