“I presidi che non nominano i docenti di sostegno sino all’avente diritto, lo fanno anche per tutelare gli alunni”.
“Le supplenze brevi d’inizio anno, infatti, si caratterizzano per durare pochi giorni, in attesa che subentri il docente sino al termine delle lezioni e il cambio repentino degli insegnanti che li affiancano, non fa ovviamente bene ai giovani disabili. Il problema è che quest’anno le nomine ancora non arrivano, per via dei ritardi abissali che hanno caratterizzato le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie”.
A dirlo è stato il nostro direttore, Alessandro Giuliani, il 10 ottobre a Radio Cusano Campus, nel corso della trasmissione Open Day, ricordando però anche che a volte le resistenze dei presidi derivano anche dal timore di contestazioni da parte dei revisori dei conti, sull’effettiva necessità di nominare i supplenti brevi. Quindi, si preferisce attendere che arrivi la nomina annuale.
Giuliani ha poi ricordato che gli alunni disabili devono scontare pure la riduzione di ore assegnate agli Aec, gli assistenti educativi culturali, con i privati che si sostituiscono alla parte pubblica, arrivando a sovvenzionare le cooperative che gestiscono gli Aec: come la Fondazione Carispezia, che ha stanziato 50 mila euro da distribuire tra i vari istituti scolastici comprensivi della zona.
Il direttore ha anche detto che gli uffici scolastici decretano alle scuole “un numero di ore di sostegno, che poi i dirigenti scolastici debbono spalmare sugli alunni, ma siccome questo montante è quasi sempre inferiori alle effettive esigenze, ad ogni alunno vengono purtroppo assegnate meno ore rispetto a quanto stabilito dalle Asl, attraverso le diagnosi funzionali. E questo avviene anche nei casi di disabili gravi, che hanno invece sempre diritto a 18 ore di sostegno alle superiori e 22 alla primaria. Chi ricorre in tribunale, poi, ha nel 99 per cento dei casi ragione. Solo che le ore mancanti arrivano a Natale o a metà anno e il danno fatto non si ripara più”.
“Questo avviene – ha detto Giuliani – perché il Mef, il ministero dell’Economia, pone annualmente di paletti finanziari ben precisi. Il Miur, di conseguenza, concede agli Uffici scolastici regionali un numero di ore definite. Così la ‘patata bollente’ passa ai presidi, che non possono fare miracoli. Fatto sta che le esigenze di apprendimento degli alunni passano in secondo piano”.
“Forse si dovrebbe prendere esempio da altri Paesi, dove le spese per il sostegno sono a carico a ministeri diversi, come quello della Salute. Ma in Italia sappiamo che i governi che si succedono considerano la scuola al primo posto negli annunci d’inizio mandato: poi, però – ha concluso il direttore della Tecnica della Scuola – quando si guarda agli investimenti rispetto al Pil gli investimenti per l’istruzione pubblica sono tra i più bassi dell’area Ocse”.