L’aiuto ai ragazzi disabili non sembra prioritario per il ministero dell’istruzione, visti l’enorme ritardo nelle nomine degli insegnanti di sostegno e la difficoltà ancora più grande a trovarne di qualificati: il sistema di inclusione scolastica rischia ormai il collasso.
Lo scrive Andrea Gavosto della Fondazione Agnelli su La Repubblica.
Se l’Italia ha un modello d’inclusione all’avanguardia nel mondo, le pratiche però non funzionano negandone così i principi basilari.
In particolare, non funziona più l’abitudine radicata — scrive Gavosto — a delegare al solo insegnante di sostegno la responsabilità dell’allievo con disabilità, quasi che il suo compito fosse di togliere un impiccio ai colleghi che insegnano le materie. Estremizzo, naturalmente. Però, come negare quanto sia ancora frequente vedere il docente uscire fuori di classe con il “proprio” allievo? Le stesse famiglie con figli disabili sembrano assuefatte all’idea del sostegno come unica ciambella di salvataggio a cui aggrapparsi.
“Ma anche questo meccanismo, seppure sbagliato, si è inceppato, perché — con la crescita delle disabilità certificate — sono enormemente aumentati i posti di sostegno: quest’anno potrebbero arrivare a 170mila, circa un quinto dell’intero corpo docente. La crescita del numero — alla lunga, insostenibile — sembra ormai del tutto scissa dalla qualità: le università, che dovrebbero occuparsi della specifica formazione di questi insegnanti, non riescono o non vogliono più farlo. Ciò spiega perché più di un terzo dei docenti di sostegno non sia qualificato, secondo l’Istat. Vengono nominati tardi e sanno fare poco. Tutto ciò non è coerente con i principi dell’inclusione, che richiedono — ma l’abbiamo scordato — il completo coinvolgimento di tutti i docenti della classe. Quando è stato fatto, come in una recente sperimentazione in Trentino, i risultati sono stati incoraggianti, con benefici per gli allievi disabili, ma — va sottolineato — anche per i compagni di classe”.
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