Un diamante è per sempre, il carbonio nel terreno purtroppo no, spiega l’esperto di politiche agricole Matteo Bernardelli. Eppure, il cosiddetto sequestro di carbonio è fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici. In quest’ottica, il contributo dell’agricoltura è essenziale, perché è di fatto l’unica attività antropica che, seppure come ogni attività umana generi emissioni, è in grado di “catturare” (il termine più corretto è “sequestrare”) il carbonio.
In tutto ciò, il suolo, che è la pelle del nostro Pianeta Terra, gioca un ruolo insostituibile e gli agricoltori possono essere protagonisti di azioni – alcune delle quali sostenute dalla cosiddetta Politica Agricola Comune (Pac), che ha fra i propri obiettivi anche quelli di agire per contrastare i cambiamenti climatici e tutelare l’ambiente – finalizzate a favorire l’economia circolare, ridurre l’impatto ambientale, ripristinare lo stato di salute del suolo, ridurre l’utilizzo di fertilizzanti azotati, che sono fra i responsabili delle emissioni di gas serra.
Naturalmente, per ridurre la presenza di anidride carbonica nell’atmosfera e stoccare carbonio non ci si può inventare soluzioni, ma è bene seguire protocolli elaborati dagli scienziati, per raggiungere i livelli massimi di efficacia. L’anidride carbonica o CO2 è il principale gas responsabile dell’effetto serra, che produce il riscaldamento globale e quindi il cambiamento climatico.
Non soltanto l’agricoltura, ma anche e soprattutto le foreste sono essenziali per il sequestro di carbonio, perché assorbono anidride carbonica dall’atmosfera grazie alla fotosintesi e la stoccano sia nella biomassa che nel suolo. Sebbene per arrestare il cambiamento climatico il solo stoccaggio non sia sufficiente, incoraggiarne l’assorbimento permette ai governi di accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
A tal fine, è nato un mercato volontario di crediti di carbonio, che consente ai proprietari e gestori forestali di essere remunerati per le attività di gestione che favoriscono l’assorbimento del carbonio e alle imprese che acquistano i crediti di contribuire alla lotta al cambiamento climatico e potenzialmente diventare aziende ad emissioni zero.
Ascolta “Sveliamo i segreti del carbonio – puntata 4” su Spreaker.Il Network for Greening the Financial System (Ngfs 2021) stima che la domanda di crediti di carbonio aumenterà di ben 15 volte nel 2030 e di trenta volte nel 2050 rispetto ai crediti venduti attualmente e i prezzi arriveranno a toccare i 160 dollari per tonnellata di CO2 nel 2050.
Perseguire politiche green è uno degli obiettivi principali delle aziende oggi. Non a caso Nestlé (il famoso brand ombrello, sotto il quale vi sono innumerevoli prodotti, dall’acqua S.Pellegrino ai cereali Fitness ai formaggini Mio) nei giorni scorsi ha annunciato una strategia ambiziosa per ridurre l’impronta di carbonio, prevedendo di investire 1,3 miliardi di dollari in pratiche di produzione rigenerativa nei prossimi cinque anni, nel tentativo di ridurre della metà le emissioni entro la fine del decennio e di arrivare a zero entro il 2050.
“Alla fine, tutti o la maggior parte dei prodotti saranno giudicati in base alle loro impronte, quindi stiamo dando il via ad alcuni di questi progressi proprio ora, finanziando direttamente le pratiche in azienda” ha annunciato Daniel Peerless, responsabile dell’Approvvigionamento Sostenibile di Nestlé. “Penso che il valore del prodotto sarà legato in una certa misura al modo in cui si differenzia dal punto di vista ambientale e spero che un prodotto a basse emissioni di carbonio abbia un premio”.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del progetto ParteciPAC (www.partecipac.eu), finanziato dal programma IMCAP dell’Unione europea.
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