Il 13 maggio 2015 il Premier Matteo Renzi in una lettera inviata agli insegnanti tra le altre cose scriveva: “L’Italia non sarà mai una superpotenza demografica o militare. Ma è già una potenza superculturale. Che può e deve fare sempre meglio. Per questo stiamo lavorando sulla cultura, sulla Rai, sul sistema universitario e della ricerca, sull’innovazione tecnologica. Ma la scuola è il punto di partenza di tutto. Ecco perché crediamo nel disegno di legge che abbiamo presentato e vogliamo discuterne il merito con ognuno di voi. Intendiamoci. Non pensiamo di avere la verità in tasca e questa proposta non è ‘prendere o lasciare’. Siamo pronti a confrontarci. La Buona Scuola non la inventa il Governo: la buona scuola c’è già. Siete voi. O meglio: siete molti tra voi, non tutti voi. Il nostro compito non è fare l’ennesima riforma, ma metterci più soldi, spenderli meglio e garantire la qualità educativa”.
Dopo quasi un mese si ventila l’ipotesi di sostituire il premio Nobel Carlo Rubbia dalla commissione cultura del Senato ( leggi qui) solo perché lo stesso non condivide l’impianto de “La Buona Scuola” renziana.
Un’azione politica che entra profondamente in contrasto con il fatto di vantare l’Italia come “una potenza superculturale”. Il fatto è semplice: la politica del consenso e dell’uomo solo al comando deve imparare ad avere rispetto, quando si parla e si vota di scuola, dello studio degli uomini di cultura, che trova la sua massima espressione nel conseguimento del premio Nobel. Le chiacchiere televisive in “politichese” stanno a zero, lo studio e la ricerca scientifica no.
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