Nemmeno nella cattolicissima Spagna è possibile licenziare una docente di religione, anche quando la sua condotta privata risulta in contrasto con il credo cattolico. Il licenziamento non è plausibile nemmeno se la docente è in palese contraddizione rispetto a quello che sostiene la Chiesa, arrivando a sposare un divorziato.
A sostenerlo, condannando il ministero della Pubblica Istruzione spagonolo a risarcire alla donna ben undici anni di stipendio, è stato il Tribunale Superiore della Comunità Autonoma (regione) dell’Andalusia al termine di un contenzioso legale che sembrava non avere fine.
Questa, brevemente, è la storia, iniziata undici anni fa quando l’episcopato di Almeria aveva chiesto, con successo, al Ministero di interrompere il rapporto di lavoro con Resurreccion Galera Navarro perché aveva accertato che la docente era sposata con un uomo divorziato. La prof di religione fece immediato ricorso, che l’anno dopo fu però rigettato dal tribunale. Lo stesso tribunale che oggi è tornato sui suoi passi. Determinante, probabilmente, è stata la sentenza, anche questa favorevole alla docente, espressa dalla Corte Suprema.
In base a quanto accertato in ultima analisi dai giudici spagnoli, il Ministero rappresenta un “autentico datore di lavoro”. E questo ruolo deve essere portato avanti anche quando il dipendente è un insegnante di religione, il cui incarico viene assunto (come del resto avviene in Italia) necessariamente solo su proposta delle autorità ecclesiastiche.
In base a quanto accertato in ultima analisi dai giudici spagnoli, il Ministero rappresenta un “autentico datore di lavoro”. E questo ruolo deve essere portato avanti anche quando il dipendente è un insegnante di religione, il cui incarico viene assunto (come del resto avviene in Italia) necessariamente solo su proposta delle autorità ecclesiastiche.
Secondo il Tribunale Superiore della Comunità Autonoma l’episcopato è quindi “complice necessario della condotta”, condotta che “il Ministero è obbligato a tenere in base al concordato”. Il problema è che l’accordo tra le due istituzioni in questo caso avrebbe prodotto una situazione che la sentenza definisce “surreale”. Per questi motivi la docente di religione dovrà ora essere riammessa a scuola. E risarcita.