Per gli insegnanti e gli studenti spagnoli le contestazioni non sembrano mai arrestarsi. Dall’inizio dell’anno scolastico sono scesi in piazza svariate volte. E non potevano esimersi dal farlo nella Giornata internazionale dell’educazione (le cronache raccontano di forti proteste anche in altri Paesi del mondo,in particolare negli Stati Uniti dove gli “indignados” si sono anche stavolta resi protagonisti di scontri con le forze dell’ordine per rivendicare uno stato sociale rivolto ai giovani ed ai bisognosi).
In Spagna, invece, la protesta ha confermato una caratteristica particolare: quella di accumunare professori e studenti nelle stesse piazze. Hanno manifestato a Madrid contro i tagli all’istruzione, a tre giorni dalle elezioni politiche che dovrebbero sancire un ritorno della destra al Governo e un nuovo giro di vite nel settore pubblico. “Per una istruzione pubblica di qualità, no ai tagli“, “l’istruzione non si vende, si difende“, recitavano degli striscioni branditi dalle centinaia di studenti che si apprestavano ad unirsi in serata agli insegnanti, mobilitati da settembre contro i tagli varati dal Governo regionale di destra. I motivi della protesta sono da ricercare nei pesanti tagli alla sanità e all’istruzione: le 17 regioni spagnole devono riportare all’1,3% del Pil il loro deficit pubblico affinché il Paese possa mantenere il suo obiettivo, fissato quest’anno al 6% del Pil. Per attenersi a queste direttive, diversi Governi, fra cui Madrid e la Catalogna, hanno proceduto a tagli ai servizi pubblici, provocando l’ira dei funzionari, già colpiti da un calo del 5% degli stipendi deciso a maggio 2010 dal governo socialista.
La domanda è d’obbligo: cosa accadrà quando la maggioranza di destra, che i sondaggi danno sicura vincitrice della imminente competizione politica spagnola, continuerà a varare provvedimenti all’insegna dei tagli dell’istruzione pubblica?