Lo psichiatra Paolo Crepet ha discusso ancora proposito dell’increscioso fatto accaduto all’istituto Viola Marchesini di Rovigo la scorsa settimana, che ha visto come vittima una professoressa intenta a fare lezione improvvisamente colpita dai pallini di gomma sparati da una pistola ad aria compressa usata da alcuni alunni.
Dopo aver commentato dicendo che l’opinione dei genitori, su fatti del genere, è praticamente inutile in quanto questi tendono difendere i propri figli, Crepet si è scagliato contro la punizione inflitta dalla scuola ai tre alunni che sono stati protagonisti della faccenda. Questi ultimi sono stati sospesi e dovranno partecipare giornate di sensibilizzazione organizzate con la collaborazione della questura e della psicologa d’Istituto Federica Boniolo.
Secondo Crepet il “castigo” dato agli studenti non è per niente adeguato, anzi; a suo avviso ha più l’aria di essere un trattamento vantaggioso per loro. Di questo lo studioso ha parlato mercoledì scorso, come riporta Il Gazzettino, ad un incontro organizzato dal Cavv-Csv.
“Cinque giorni di sospensione ai ragazzi che hanno sparato alla prof? Un premio. Quello che è avvenuto non mi sorprende. In un momento come questo fatti simili sono sicuramente più frequenti, ma non arrivano alle nostre orecchie. Straordinaria l’ideona della pena: rimangono a casa cinque giorni? Si alzeranno a mezzogiorno e si metteranno sui social un quarto d’ora dopo. Una pacchia. Una scelta di una autorevolezza assoluta”, ha detto lo psichiatra con sarcasmo.
Anche il consigliere di opposizione alla Regione Veneto, Arturo Lorenzoni, ha parlato della necessità di una “punizione esemplare”. “La sospensione va nella direzione di una punizione esemplare. Non dobbiamo derubricare quanto avvenuto a una semplice bravata. Se lo facessimo, non adempiremmo con serietà al nostro ruolo di adulti educatori. Sorvolare non sarebbe stata la soluzione, devono capire il gravissimo errore commesso”, ha detto.
Sempre secondo Il Gazzettino, i presidi della zona di Rovigo hanno commentato dicendo: “Le scuole sono oggi l’ultima frontiera di uno Stato sociale che non c’è più. Non siamo purtroppo sorpresi. Le famiglie sono in grande difficoltà, anche educativa. La scuola resta pertanto l’ultima frontiera di riferimento per le famiglie, con strumenti di intervento molto limitati. Negli istituti si coltivano progetti di dialogo educativo con loro, ma evidentemente non basta. L’emergenza è più vasta di quello che tutti avevamo pensato”.
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