I Balcani occidentali tutti sono assai scossi, in particolare i lavoratori della scuola e dell’educazione, dal gravissimo avvenimento che ha rimesso in discussione l‘utilizzo di armi e la rispettiva detenzione, problematica che nell’area va avanti dalla conclusione, con il conflitto congelato in Kosovo, delle atrocità commesse durante le guerre che portarono alla disgregazione violenta e traumatica dello stato jugoslavo. A Belgrado, in una consueta giornata di attività didattiche, uno studente di tredici anni si presenta all’ingresso ed apre il fuoco lasciando uccisi otto studenti, di cui uno francese e sette autoctoni, ed un addetto alla sicurezza che si trovava sul posto, membro effettivo, così come i docenti, del personale in servizio.
Un docente è stato ferito ma non risulta al momento in pericolo di vita. Le autorità bloccano il malcapitato in stato di shock sopraggiungendo dopo alcuni minuti: gli altri studenti presenti con la guida dei docenti hanno provveduto a barricarsi in classe serrando porte e finestre. Il ragazzo, resosi conto del crimine appena commesso, si è messo direttamente in contratto con le forze dell’ordine denunciando l’accaduto; il fine di tale carneficina, secondo le dichiarazioni raccolte dagli psicoterapeuti delle Forze dell’Ordine, era quello di liquidare una parte di coloro che K.K. (iniziali dello studente) riteneva una minaccia ed ostili al suo status sociale. Aveva pianificato come entrare ed uscire dall’edificio in sicurezza, quali compagni e compagni freddare con l’arma e come nascondersi e dove nel caso sopraggiungessero polizia o esercito.
“In una conversazione alla presenza del Center for Social Work, K.K. ha affermato di essere stato ignorato dalla società in cui si trovava, che attraverso la vita sociale era escluso dalla comunicazione e dal gioco in vacanza o in escursione, e che questo lo ha portato a farlo attraverso i suoi pensieri e le sue azioni”, hanno riferito fonti ufficiali delle Forze dell’Ordine. In precedenza aveva confermato che “K.K. aveva una lista di compagni che intendeva liquidare”. “Ha redatto un piano per entrare e uscire dalla scuola e ha stabilito obiettivi prioritari. Aveva i riferimenti di chi avrebbe liquidato da quale classe”.
“Questo è stato pianificato per un mese. K.K. lo stava pianificando da tempo, non ha rivelato il motivo. Ha preso l’arma dall’appartamento di suo padre e l’ha portata a scuola con quattro molotov”, ha aggiunto Milić, capo della Polizia di Belgrado. Un gran numero di cittadini si è riunito stasera a Cvetni trg a Belgrado per rendere omaggio alle vittime della sparatoria avvenuta di recente. Tra i convenuti ci sono genitori, bambini, un gran numero di associazioni, studenti delle scuole primarie e secondarie. Rendono omaggio alle vittime, depongono fiori, accendono candele e lasciano giocattoli alla fontana sita in piazza. La polizia ha chiuso via Njegoševa, da Beogradska a Cvetno trg. Parte della folla si è diretta dalla piazza al ministero dell’Istruzione. Gli studenti hanno dichiarato alla stampa che il carnefice ha puntato la pistola contro tutti nel corridoio, quando è scoppiato un panico generale. “Ho sentito la sparatoria, alcuni studenti sono subito usciti in corridoio per vedere cosa stava succedendo. All’inizio ho pensato che si fosse sentito qualcosa fuori. Tutti hanno iniziato a urlare, c’è stato un panico generale, tutti hanno iniziato a correre, quando sono uscito l’ho visto, è venuto e ha puntato una pistola contro tutti noi”, racconta uno degli studenti presenti.
Tutti i ragazzi e le ragazze rimasti uccisi sono nati tra il 2009 e il 2011. Sette ragazze e un ragazzo sono morti, e tra loro un cittadino francese, ha confermato il Ministero degli Affari Esteri di quel paese. Il movente del sospettato non è ancora noto, ma è stato identificato attraverso apposite sedute di psicoterapia tenute da membri effettivi delle Forze dell’Ordine. La polizia ha arrestato il padre e la madre del sospetto ragazzo di 13 anni. Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, ha proposto di introdurre una moratoria sul possesso e sul porto di armi nei prossimi due anni, nonché di condurre una revisione di tutti i permessi rilasciati per il possesso di armi. Vučić ha anche proposto di considerare l’abbassamento della responsabilità penale dei minori da 14 a 12 anni.
“Da questo momento il ragazzo si trova in un posto speciale, sarà ospitato in una parte speciale della Clinica di Neuropsichiatria. Suo padre, in quanto proprietario di un’arma che apparentemente ha custodito impropriamente, impropriamente custodito, nonostante avesse tutti i permessi, è stato arrestato e sua madre è stata presa in custodia”, ha dichiarato Vučić in conferenza stampa. Nel 2019 è stato stimato che in Serbia ci siano 39,1 armi ogni 100 abitanti, secondo cui la Serbia condivide il terzo posto nel mondo, insieme al Montenegro, e dietro a Stati Uniti d’America e Yemen. I dati dell’organizzazione Small Arms Survey mostrano che in Serbia, che ha 6,7 milioni di cittadini, ci sono 2,7 milioni di armi, di cui 1,5 milioni non registrate.
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