Il ragazzo che ha sparato si chiamava Jaylen Fryberg ed era uno studente del primo anno di liceo. Nativo americano, discendente della tribù Tulalip, Jaylen aveva un profilo su Twitter. Inquietante l’ultimo messaggio, scritto ieri: “Non durerà, non potrà mai durare”. Pare che avesse problemi con la propria ragazza.
A terra nella caffetteria sono rimaste diverse persone, tra cui uno studente morto – secondo una prima ricostruzione – dopo essere stato colpito alla testa. Il killer, nativo americano e al primo anno di liceo – ha raccontato un altro studente -, ha cercato di ricaricare l’arma, ma questa si è inceppata.
“E’ stato a quel punto che sono fuggito”, ha detto. Poi il killer ha puntato la pistola verso di sé e si è tolto la vita. Una scena già vista tante volte, troppe volte, in un Paese segnato da stragi come quella alla Columbine High School, in Colorado, o quella alla Sandy Hook Elementary School di Newtown, in Connecticut, solo per citare alcune di quelle più note.
Un Paese, gli Stati Uniti, che non riesce a fare i conti con una sequenza impressionante di fatti sanguinosi che colpiscono scuole, licei, college. Fatti tutti legati alla incredibile facilità con cui anche un ragazzino può entrare in possesso di un’arma da fuoco. Ancora non si sa come lo studente-killer di Marysville si sia procurato la pistola. Quello che si sa è che i feriti sono almeno quattro, di cui tre in gravi condizioni. L’identità del ragazzo che ha sparato non è stata ancora rivelata, ma da quanto trapela si tratterebbe di uno studente molto popolare nella sua scuola, ma ultimamente vittima di episodi di bullismo. Possibile, dunque, che abbia agito per vendicarsi di qualche compagno. Una pista, questa, che sembrerebbe essere la prima seguita dagli investigatori.
Del resto tale versione sembra corroborata dal fatto che il ragazzo è entrato nella caffetteria – erano circa le 10:45 del mattino – puntando un tavolo ben preciso, verso cui ha aperto il fuoco scatenando il panico e il terrore tra i presenti. Sarebbe stato un altro studente a dare l’allarme, chiamando col telefono cellulare la polizia. Gli agenti sarebbero quindi arrivati quando il killer si era già suicidato. Intanto, in una chiesa che si trova nell’area del campus i genitori hanno potuto riabbracciare i propri figli immediatamente evacuati dall’edificio principale del liceo. (ANSA).