Un fatto molto particolare quello che è successo in una scuola dell’infanzia di Palermo. Come riporta La Repubblica, gli agenti della polizia municipale di Palermo, in una dimostrazione in cortile, hanno sparato quattro volte a salve durante una lezione di educazione stradale, inscenando l’arresto di un malvivente.
Uno spettacolo forse non troppo adeguato a dei bambini. “Papà lo sai questa mattina hanno sparato a scuola per uccidere il cattivo?”. Si è sentito dire un genitore dalla figlia di 4 anni appena tornata dall’asilo. “Lo giuro, per un secondo mi si è gelato il sangue nelle vene – racconta il genitore – Poi mi ha spiegato cosa era successo e sono rimasto sconvolto, senza parole”.
Davanti a una cinquantina di bambini della scuola dell’infanzia e della scuola primaria gli agenti hanno prima sparato i colpi di pistola a salve al finto criminale e poi gli hanno lanciato contro il cane dell’unità cinofila. I più piccoli si sono impauriti, alcuni si sono messi a piangere per la violenza della scena, altri ancora si sono divertiti ma per tutto il giorno hanno mimato il gesto di sparare con pollice e indice della mano.
Le scuse
“Sono rimasta sconvolta quando mia figlia mi ha raccontato quanto accaduto – dice una mamma – Mi sono ritrovata a doverle spiegare che era tutto una finzione e che non si spara ai cattivi”.
Da qui decine di mail alla dirigente scolastica con richieste di spiegazioni. La vicenda già mercoledì pomeriggio è stata affrontata nella riunione delle sezioni della scuola dell’infanzia. La dirigente scolastica si è scusata per quanto accaduto.
“Doveva essere una proposta di simulazione per gli studenti della scuola di secondo grado, invece poi è stata proposta ai più piccoli – premette la preside – Alle insegnanti la simulazione è stata rappresentata come un gioco, nessuno preventivamente ha parlato di spari, è stato detto che avrebbero impugnato una pistola giocattolo. Nessuno di noi era consapevole del tipo di simulazione”.
Il fraintendimento
Il problema è che la lezione sarebbe stata inizialmente presentata come un incontro sull’educazione stradale. “Va detto che gli spari avvengono al termine di una lezione competente e approfondita su cosa fanno i cani della polizia – sottolinea la dirigente – Pensavamo che la presenza del cane fosse un modo per catturare l’attenzione dei ragazzi”.
I genitori hanno ottenuto che in futuro ci sia da parte della dirigente scolastica e degli insegnanti un più attento e scrupoloso controllo di tutte le iniziative esterne che vengono portate a scuola. Ieri nella riunione è stato chiaro che le responsabilità della scuola sono minime e riguardano una mancata verifica del programma dell’incontro.
“Quanto è pertinente una simulazione di arresto, con l’utilizzo di armi, al tema dell’educazione stradale – chiede la consigliera comunale del Pd Mariangela Di Gangi – È doveroso riflettere sull’impatto educativo ed emotivo che tali attività possono avere su bambine e bambini, considerando la loro età e la delicatezza del contesto scolastico”.
Sul banco degli imputati sono finiti il Comune e il corpo della polizia municipale. “Ho dato disposizione che una simulazione del genere non venga mai più portata nelle scuole. Si tratta di tutelare i bambini e rispettare le diverse sensibilità – dice il comandante Angelo Colucciello – Detto questo le attività sono state preventivamente descritte e autorizzate dagli insegnanti. Confermo che la preside non era al corrente. C’è stato un fraintendimento, ma in ogni caso una dimostrazione simile non va proposta a bambini dell’asilo”.
La condanna dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole
Ad insorgere l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole: “L’Osservatorio condanna fermamente l’episodio. Ma perché per parlare di sicurezza stradale occorre simulare una scena del crimine, l’arresto di un uomo con tanto di cane e pistole in pugno? Evidentemente, non avendo competenze pedagogiche, le forze dell’Ordine si affidano alla spettacolarizzazione e alla fascinazione che la repressione, la cattura e l’arresto vittorioso hanno come ricaduta sui/sulle piccoli/e, procedendo così alla ‘militarizzazione’ delle loro coscienze”.
“Si tratta di pratiche educative inaccettabili, considerando pure che all’età di cinque anni l’apprendimento avviene non solo per via sensoriale, come nella primissima infanzia, ma anche per via imitativa, e quindi un contatto con il mondo degli adulti in un contesto militarizzato con le pratiche, gli strumenti e i linguaggi militari che veicolano i disvalori della guerra, della ‘violenza efficace’, della sopraffazione e della cieca obbedienza potrebbe generare un deleterio desiderio di imitazione”.
“Denunciamo proprio questa deriva sistematica, in cui la scuola sembra smarrire il proprio compito pedagogico ed educativo principale, cioè quello di dare agli/alle studenti/sse gli strumenti per analizzare ed interpretare in modo critico la realtà, saper riconoscere le proprie attitudini e aspirazioni, aiutandoli/e a fare scelte formative più consapevoli. È in questi passaggi che la scuola può assolvere al compito di costruire la pace, la convivenza rispettosa degli altri e la solidarietà tra i popoli, non portando e usando le armi all’interno delle istituzioni della formazione”.
“Il clima nelle nostre scuole, anche quelle frequentate da bambini piccoli, sta diventando irrespirabile. L’episodio di Palermo non è un caso isolato, ma viene dopo le elezioni di manganello agli studenti genovesi e all’interno di una cornice pseudo educativa in cui il modello repressivo, autoritario e violento rappresenta il pilastro di progetti pseudoeducativi le cui conseguenze sono solo quelle di incutere terrore negli studenti. Chiediamo un intervento urgente affinché simili episodi non abbiano più a ripetersi. Capiamo bene che questo governo preferisca investire di più in armi che in educazione, ma tollerare che queste vengano portate nelle nostre aule davanti a bambini piccoli significa farsi portatori di un modello violento incompatibile con la funzione della scuola. Oggi più che mai diventa fondamentale l’alleanza tra studenti, docenti e tutti coloro che hanno a cuore il mondo della scuola per opporsi con forza a tutto questo. Fuori le armi dalle nostre scuole”, così i capigruppo M5S in commissione cultura alla Camera e al Senato Antonio Caso e Luca Pirondini.