Spending review, gli istituti paritari tra i più a rischio chiusura
È sugli istituti paritari che si abbatteranno maggiormente le conseguenze dei tagli decisi dal Governo attraverso la spending review. A sostenerlo è Roberto Gontero, presidente di AGeSC (Associazione genitori scuole cattoliche), che associandosi all’allarme lanciato nella stessa giornata da Giuseppe Castiglione, presidente dell’Upi, l’Unione delle province d’Italia, ha detto che con se il progetto del Governo rimane quello già approvato dal Consiglio dei ministri – che ha avallato il taglio al settore di 260 milioni di euro – diventa seriamente “a rischio la riapertura delle scuole paritarie”.
“Il mantenimento, infatti, dei tagli del 50% sul budget destinato alla scuola non statale previsto dalla spending review – ha spiegato Gontero – mette a rischio il proseguimento delle attività della maggior parte delle strutture, causando problemi alle famiglie e al personale docente. Auspichiamo, dunque, che i 260 milioni, in precedenza previsti all’interno del capitolo di spesa della scuola paritaria, possano venire recuperati. Ciò permetterà di arginare la già critica situazione in cui versano molti istituti, in primis le scuole materne. In alternativa, decine di migliaia di bambini fra i tre e i sei anni non potranno più frequentare la scuola materna, non essendoci altrettante scuole statali in grado di assorbire tale domanda”.
I numeri sembrano dare ragione ai gestori delle scuole cattoliche. Mediamente per ogni alunno della scuola d’infanzia che frequenta un istituto non statale, lo Stato risparmia 5.500 euro. Che diventano 6.500 euro alla primaria, 7.600 euro alle medie e 8.000 euro alle superiori. In Italia nell’anno scolastico appena finito gli alunni e studenti iscritti alle scuole paritarie erano 1.072.560 su 8.938.005 complessivi. Poiché la grande maggioranza frequenta la scuola d’infanzia e primaria, il risparmio per lo Stato stimato sarebbe pari a circa 6 miliardi l’anno.
A cui vanno però sottratti i fondi che lo stesso Stato cede alle scuole non statali. Stiamo parlando, tuttavia, di qualche centinaio di milioni di euro. Che alla lunga potrebbero rivelarsi molti ma molti di meno rispetto a quelli che la collettività dovrà spendere per farsi carico di tutti quegli alunni che oggi non scelgono la scuola statale. Anche se, per dirla tutta, una lieve emigrazione sembrerebbe già avviata. E non per motivi legati ai finanziamenti.