Spending review, la lista dei “sacrifici” si allunga

Sembra delinearsi attorno ad una serie di provvedimenti sinora inesplorati, una parte dello Spending review che il governo intende attuare, come annunciato nei giorni scorsi, nei confronti dell’istruzione pubblica: scorrendo la documentazione sulla revisione della spesa sul sito di Palazzo Chigi, risulta che per evitare agli italiani l’innalzamento dell’Iva di altri due punti, i tecnici del governo tecnico starebbero seriamente pensando ad una riduzione, a partire dal 2014, del 50% delle spese per fitti passivi e gestione degli immobili (ma già dal 2013 la riduzione sarebbe del 10%). Tra le operazioni più importanti su questo versante, sembra che via sia convergenza politica, oltre che del ministro Profumo, nell’abbandonare la sede del Miur collocata all’Eur, a due passi dal palazzo dei Congressi, e ospitare il personale addetto a Università e Ricerca all’interno della sede di viale Trastevere.
Sempre dalla stessa fonte emerge che il governo sta valutando le modalità per effettuare una riduzione degli organici dirigenziali e ad una riconversione dei profili professionali. Due provvedimenti, a dire il vero, che non sorprendono più di tanto: il primo, quello riguardante il ridimensionamento numerico dei capi d’istituto, è direttamente proporzionale al dimensionamento scolastico che toccherà il suo apice nella prossima estate; mentre nel secondo figurano sia l’opera di abilitazione dei docenti rimasti senza cattedra, che di recente ha preso il via, dopo qualche tentativo andato a vuoto, sia la fusioni delle classi di concorso (anche se in questo caso la “partita” è ancora aperta ed i tempi di realizzazione risultano più lunghi).
Confermata anche la riorganizzazione della struttura territoriale “con riduzione delle articolazioni provinciali e trasferimento di funzioni”, che dovrebbe produrre principalmente un accorpamento degli ex provveditorati, ora Uffici scolastici provinciali, con l’Usr. Nel mirino vi è poi una “razionalizzazione dei distacchi“: subito il dito è stato puntato su quelli fruiti annualmente dai sindacati, anche se va detto che dopo la cura “dimagrante” voluta dell’ex ministro della Funzione Pubblica si sono ridotto di circa la metà, arrivando complessivamente a meno di un migliaio.
Più preoccupante è il riferimento del governo non tanto al “riequilibrio della rete scolastica regionale“(già in atto), quanto quello sulla necessità di andare a rivedere la”proporzione tra docenti e classi di alunni“. considerando l’innalzamento progressivo registrato negli ultimi anni, con classi iniziali alle superiori che hanno addirittura superato quota 30 iscritti (con tutti i rischi che comporta sul versante del diritto allo studio e della sicurezza), c’è da augurarsi che si tratta più di un provvedimento ipotetico (da prendere in considerazione come ultima eventualità) che realistico. Anche perché una manovra di questo genere non arricchirebbe di certo lo Stato, ma tra addetti ai lavori, studenti e famiglie (almeno 10 milioni di cittadini!) creerebbe di sicuro tanti malumori.
Come li sta creando già tra i sindacati. Dopo le proteste vibranti della Flc-Cgil e più pacate della Cisl Scuola, il 2 maggio sono arrivate anche quelle dell’Anief: il sindacato di Marcello Pacifico teme che lo Spending review si traduca in ulteriori danni al personale. Ancora una volta – ha detto il leader dell’associazione sindacale autonoma – dopo il blocco degli stipendi, l’allungamento dell’età pensionabile e la mobilità forzata del personale in esubero”, si continua ad “ignorare quanto avviene nei Paesi più sviluppati, come gli Stati Uniti e la Germania”. Per l’Anief non si possono nemmeno accettare concertazioni: “noi non ci stiamo – ha continuato il Presidente – non accettiamo alcun accordo ricattatorio, con il sindacato che dovrebbe chiudere un occhio sui tagli, in cambio di una parte dei risparmi da reinvestire nello stesso settore della scuola”.
Alessandro Giuliani

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