Tuttavia, bisogna tenere conto che la scuola in questione, il “Liceo Internazionale per l’impresa Guido Carli”, è un istituto paritario e quindi ottenere una autorizzazione per implementare una sperimentazione, come quella di accorciare di un ano il corso di studio, potrebbe essere letta senza le giuste apprensioni che però scattano per due ordini di motivi.
Il primo riguarda le dichiarazioni della stessa ministra, invitata all’inaugurazione del corso: “Se ci fosse stata quando ero studentessa, anch’io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra. Si tratta di un’esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica”.
Il secondo invece ha caratteristiche più particolari, considerata la fame di risorse di cui il nostro governo è afflitto, dal momento che se questo modello, suggerito già dall’ex ministro Francesco Profumo in epoca Monti, passasse, significherebbe la soppressione di 40mila cattedre con un risparmio stimato a circa 1.380 milioni di euro, che non sono noccioline. E non lo sono soprattutto per il governo di Enrico Letta: affamatamente famelico.
Inoltre gli stessi dirigenti del liceo Carli di Brescia hanno dichiarato che questa sperimentazione intende “utilizzare un metodo che privilegia la didattica per competenze, laboratoriale e fortemente integrata. Se da un lato si incrementa l’apprendimento in tempi inferiori, dall’altro si migliora la qualità, riducendo la quantità, facendo meglio in meno tempo e consentendo agli allievi di concentrarsi sugli obiettivi educativi e didattici volti a sviluppare al meglio i loro talenti”.
Come si possa incrementare l’apprendimento in tempi inferiori è difficile capirlo, a condizione che le 27-30 ore settimanali previste per i Licei si svolgano con tempi più contingentati, nel senso di accumulare in 4 anni tutto il programma (le cosiddette Indicazioni nazionali) che attualmente viene si spalmato in 5, per cui sarà giocoforza passare da 27/30 ore a settimina ad almeno 36 e oltre, mentre di qualche insegnamento si dovranno ridurre le ore, se non sopprimerlo: quale?. Una sperimentazione dunque “pelosa” ma che, siccome passa attraverso una scuola paritaria voluta fra l’altro da Confindustria, non pare coinvolgere il resto della scuola pubblica, a condizione che dal cilindro (ricordiamo quello di Profumo) non esca qualche coniglio bizzarro. Uno di questo potrebbe essere quello antropomorfo, con l’orologio di Alice, delle 24 ore a settimana.
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