Ma spesso per i genitori esigenti il prof è pure: incompetente, superficiale, troppo severo, ma anche troppo blando, poco attento alle esigenze e alle nascoste capacità del figlio; e poi può essere ancora filo-qualcuno e anti-qualche altro (tiene sul naso), troppo puntuale o assenteista, pretenzioso e superbo, sboccato o sdolcinato, offende gli alunni o largheggia con loro, ecc, ecc.
E i genitori si scoprono improvvisamente pedagogisti ed educatori di talento, tanto che ai periodici incontri scuola-famiglia qualche buona mamma ha mandano, al suo posto, pure il fidanzato della figlia, rigorosamente minorenne: è un gesto di fiducia ha detto al preside. E c’è anche chi contesta il mezzo punto, le modalità delle interrogazioni, la scelta del compito in classe, il carico dei compiti per casa e pure la disciplina nel suo insieme.
Ma pure l’asse insegnate-insegnate si è spezzato e pure quello insegnate-dirigente-personale è andato a farsi benedire, fomentato forse dal nuovo blocco genitori-alunni che pretende di dare medaglie e assegnare meriti.
Tuttavia il capovolgimento di tutte queste assi, su cui prima si reggeva una certa stabilità della istituzione scolastica, starebbe causando in troppi docenti affaticamento psico-fisico, apatia, diminuzione dell’autocontrollo, frustrazione, disistima, con tutta una serie di patologie che però non preoccupano più di tanto, non solo l’utenza ma anche i macchinisti.
E basta entrare in una classe per averne l’esatta percezione dove tra “bulli e pupe” spesso occorre destreggiarsi bene e non per insegnare, ma per non subire ingiurie. Eppure ci si sforza di rimettere sul predellino il docente, indicandogli, per semplice via paternalistica, la riconquista della considerazione sociale, mentre qualsiasi aumento salariale, e persino la sua speranza, appare una chimera, un sogno appeso sulla cima di una vetta fumigante l’abbandono.
Tuttavia se qualcuno tra chi detiene la possibilità di migliorare la considerazione sociale dei prof ci facesse caso, scoprirebbe che essa, la scarsa considerazione, è in effetti il conflitto fra l’apparire e l’essere: quell’euro in più che farebbe la differenza persino al supermercato.
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