Lo sappiamo, spesso i rapporti tra il personale ATA e i docenti non sono dei più idilliaci, ma questo, tutto sommato rientra perfettamente nella tradizione.
Potremmo considerarlo, un fenomeno normale, non di rado dagli effetti positivi. Fraintendimenti, punti di vista divergenti, dialoghi frammentati e superficiali, possono generare qualche frizione. In fondo, però, una certa (minima) tensione tra le due categorie (a volte solo simulata) è, non solo comprensibile, ma anche utile e ‘doverosa’ nelle complesse dinamiche scolastiche.
Può addirittura essere di stimolo e sprone sia per i docenti che per gli operatori scolastici. Non dimentichiamoci che, nonostante la finalità ultima sia una sola per tutti i lavoratori della scuola (una valida formazione degli allievi), docenti e ATA svolgono compiti ugualmente importanti ma diversi e all’interno di ‘questa’ meta comune che li unisce, vi sono obiettivi più particolare legati a specifiche mansioni, che possono, non di rado allontanarli o renderli meno disposti a capire le ragioni dell’altro.
Nonostante questo però, tutti sono consapevoli della imprescindibile necessità, per il bene della scuola e, soprattutto dei ragazzi, del personale ATA (oltreché dei docenti) e proprio per questo, alla base dei rapporti docenti – ATA, esistono, reciprocamente, rispetto, stima, considerazione, solidarietà e fiducia.
Così in qualità di docente sono rimasto a dire poco scioccato dal grido di allarme lanciato dal Comitato di evoluzione ATA che denuncia, senza mezzi termini, la situazione insostenibile in cui versa il personale tra organici insufficienti, stipendi inadeguati e ritardi dei pagamenti.
Le segreterie sono allo stremo, gli impiegati si diradano sempre più, i collaboratori scolastici diventano merce rara e il carico di lavoro, invece di diminuire, aumenta a dismisura (molte volte si tratta di superflua burocrazia) e sempre di più fino a diventare insostenibile e creare montagne di arretrati e di pratiche inevase, nonostante l’abnegazione e il ‘volontariato’ dei dipendenti. Sono a rischio, dicono (ed è vero) i livelli essenziali delle prestazioni.
Per arrivare a questa tragica situazione (evidente anche ai miei occhi nel mio lavoro quotidiano) si sono voluti, ovviamente, anni e anni di una lenta e inesorabile (forse necessaria?) volontà di usare con destrezza e potenza la scure dei tagli. Molti sono i governi responsabili di questo disastro e tutto, lo diciamo con tristezza e marcato sdegno, è stato portato avanti, lo sappiamo bene, per motivi economici.
Bisogna contenere la spesa! Tagliare, risparmiare, razionalizzare, ri-dimensionare, accorpare, privatizzare, rispettare le imposizioni europee sono state le parole d’ordine di questi decenni che non hanno risparmiato neppure la scuola. Anzi, al di là di proclami vittoriosi relativi ad esorbitanti investimenti e grandiose opere per il mondo dell’educazione (siamo sempre in campagna elettorale), la scuola è stata una delle istituzioni pubbliche (una delle più importanti) più vessate e soffocate.
Tutti siamo responsabili di questo disfacimento, non illudiamoci. Bisognerebbe però, a questo punto, che l’attuale compagine governativa cambiasse rotta, non una immediata ‘conversione’ (sarebbe impossibile) ma una programmata e cadenzata politica a favore della scuola (pubblica).
Al momento non sembra questa l’intenzione del Governo, al contrario i suoi atti legislativi più significativi danno la sensazione di continuare per la strada della razionalizzazione (o impoverimento scolastico) intrapresa anni e anni fa. Questa politica al ribasso coinvolge tutte le componenti scolastiche (una vera ‘demolizione’) e non risparmia certo gli ATA. Ed è una tragedia.
I collaboratori scolastici e soprattutto le segreterie scolastiche sono il cuore, il motore della scuola: mantengono i contatti tra Dirigenza e docenti, controllano e gestiscono (tramite il DSGA) la contabilità della scuola, hanno (anche loro) contatti con famiglie degli alunni, si interfacciano con protagonisti esterni rivelanti del mondo sociale per realizzare un contatto continuo tra scuola, società e lavoro, seguono le pratiche amministrative di tutto il personale e svolgono tutta quella mole di procedure burocratiche essenziali perché la scuola continui ad esistere.
Ogni scuola dovrebbe avere una segreteria competente, preparata e costituita da un numero adeguato di professionisti (non basta affidarsi all’intelligenza artificiale).
Una segreteria ‘smagrita’, scarna e depotenziata non può giovare alla scuola e non può svolgere tutte le infinite mansioni assegnate. Cosa accade allora. Molte compiti burocratici vengono svolti in modo frettoloso e non sempre puntuale (non certo per colpa dell’esiguo e quasi ‘sfruttato’ personale) oppure vengono girati (d’autorità) ai docenti che, improvvisamente, si trovano a dover svolgere non poche funzioni di ordine amministrativo di cui sanno poco o nulla e si vedono costretti a studiare per risolvere queste nuove incombenze, con il pericolo non remoto di una ricaduta negativa sulla qualità del loro lavoro: insegnare. Comunque la speranza che il nostro Ministero dell’Istruzione (e del merito) possa cambiar questa politica sostanzialmente parsimoniosa o molto misurata e provvedere a cospicui investimenti per la scuola , centro deputato a creare il futuro, rimane. Per sempre?
Andrea Ceriani
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