Lo scrive Il Sole 24 ore. Il restyling di venerdì notte, a detta della ministra della Pubblica amministrazione, è stato guidato dalle logiche di «cambiamento ed equità» e sono serviti a migliorare il testo.
Come detto, le novità più salienti riguardano le pensioni. Da un lato, viene estesa ai dirigenti la possibilità di essere collocati d’ufficio in quiescenza da parte dell’amministrazione una volta raggiunti i 62 anni d’età, fermi restando i 42 anni e tre mesi di contributi maturati, come oggi accade per i dipendenti. Impedendo loro, di fatto, di optare per i 66 anni e 3 mesi necessari al pensionamento di vecchiaia. Due le deroghe già fissate: l’esenzione per i magistrati (che lasceranno a 70 anni) e l’innalzamento a 65 anni per medici e professori universitari.
Dall’altro lato, si interviene sulle penalizzazioni della riforma Fornero per le uscite anticipate. Chi conseguirà entro il 2017 i 42 anni e 3 mesi di contributi richiesti per i trattamenti di anzianità potrà abbandonare il lavoro anche prima dei 62 anni senza subire alcuna decurtazione dell’assegno (1% per gli scostamenti di un anno, 2% da due anni in su).
Sempre in zona previdenziale va poi ricordata la reintroduzione di “quota 96”, intesa come somma di età anagrafica e contributiva, per 4mila insegnanti. I quali potranno presentare domanda di pensionamento all’Inps dopo la conversione in legge del decreto e a patto di rinviare il conseguimento della liquidazione (il Tfs per gli statali) fino alla data di pensionamento prevista attualmente per effetto della riforma Fornero. Una misura che costerà a regime circa 100 milioni da coprire con un inasprimento della spending review prevista dalla legge di stabilità 2014.
Fra l’altro il personale Quota 96, non avrà però immediatamente diritto al TFR, la cosiddetta liquidazione, che arriverà solo entro due anni: il momento del trattamento di fine rapporto sarà infatti rinviato al momento in cui questi lavoratori avrebbero dovuto andare in pensione secondo i criteri Fornero. E la somma sarà ricevuta non per intero, ma a rate, scansionate in base al reddito. Ma non perderanno neanche un giorno di lavoro: esattamente come per tutti gli altri lavoratori pubblici, il calcolo dell’ammontare dell’assegno pensionistico avverrà con criteri misti. E cioè: per il lavoro svolto fino al 31-12-92 si terrà conto dell’ultima busta paga, quella di agosto 2014; per quello svolto fino al 31-12-2011 varrà la retribuzione media, come per tutti, lavoratori pubblici e privati; infine solo per gli ultimi due anni e otto mesi di lavoro si terrà conto della contribuzione effettivamente versata.
Il provvedimento, aggiunge inoltre il Corriere della Sera, non varrà solo per i quota 96, ma anche per un centinaio di insegnanti donne che avevano deciso di usufruire l’opzione per poter andare in pensione prima, ma utilizzando il calcolo contributivo della pensione, e quindi rinunciando al retributivo (più vantaggioso). Si tratta in parte di donne andate in pensione a settembre dell’anno scorso, e in parte di donne che avevano fatto richiesto della pensione a febbraio di quest’anno, ma che per anticipare i tempi del ritiro avevano perso circa il 30% dell’ assegno. Ora ci sarà una rivalutazione della loro pensione per evitare che siano penalizzate economicamente rispetto ai colleghi maschi.
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