Categorie: Politica scolastica

Sport a scuola, ennesimo protocollo ma di Educazione Fisica in infanzia e primaria non se ne parla

Fare sport fa bene a chi lo pratica e allo Stato che lo promuove, perché se i suoi cittadini sono sportivi hanno meno possibilità di ammalarsi.

Possono essere quindi più produttivi e non pesare sulle spalle del sistema sanitario nazionale.

È soprattutto per questo motivo che ogni anno si confermano accordi per promuovere lo sport anche nelle scuole.

Come il protocollo del 22 settembre, sottoscritto dal ministero dell’Istruzione e dello Sport, che vede coinvolte, in un progetto triennale, istituzioni del terzo settore, il Coni e le Federazioni Sportive.

Il Protocollo impegna i due Ministeri a promuovere il riconoscimento in ambito scolastico del valore della pratica sportiva; a collaborare alla realizzazione di progetti, manifestazioni ed eventi per la diffusione e l’ampliamento dello sport a scuola; a lavorare congiuntamente sulla formazione e l’aggiornamento del personale dirigente e docente; a incentivare iniziative che diffondano i valori educativi dello sport e del fair play anche come strumento di prevenzione e contrasto del bullismo e del disagio giovanile, per favorire l’adozione dei corretti stili di vita e la diffusione di una cultura del rispetto, per promuovere integrazione e inclusione attraverso lo sport.

L’obiettivo dell’iniziativa è “quello di rendere sempre più stretto il legame tra sport e scuola”, ha scritto su Facebook il ministro dello Sport Luca Lotti.

Il quale aggiunge: “Avevamo già messo in campo due importanti progetti di collaborazione, uno sul calcio – “Valori in rete” – e uno sullo sci – “Quando la neve fa scuola”. Ora andiamo avanti: vogliamo sviluppare una vera e propria alleanza educativa. Ogni ragazzo in più che crescerà con una “cultura del movimento” sarà una vittoria per tutti noi”.

“Nel protocollo c’è anche un primo riconoscimento per i laureati in Scienze Motorie, che saranno coinvolti nelle sperimentazioni didattiche: la direzione è quella giusta”.

Lo sport “è parte integrante del percorso formativo – gli fa eco la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli -. Vogliamo che la cultura del movimento sia un fattore di crescita sociale, culturale e civile; uno strumento di prevenzione della dispersione scolastica e promozione di corretti stili di vita; un volano per l’inclusione e la diffusione della cultura del rispetto”.

Il protocollo, ha commentato la deputata Pd, Laura Coccia, “pone ancor di più l’accento sull’importanza dello sport nella formazione dei ragazzi. È importante che la scuola articoli un’offerta sempre più ampia per lo sport per la sua valenza come attività fisica e come elemento di crescita grazie ai suoi valori portanti di impegno, lealtà, rispetto delle regole e inclusione. L’attenzione posta sui laureati in scienze motorie, inoltre, sottolinea la necessità di intraprendere un cammino, ancora lungo, ma necessario, per il riconoscimento di queste professionalità”.

 

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Viene da chiedersi, visto che sono tutti d’accordo sull’importanza dello sport a scuola, per quale motivo non si introduca l’attività sportiva curricolare nella scuola d’infanzia e primaria.

Se ne parla da anni: nel 2013, l’allora ministro per le Pari opportunità e per lo Sport, Josefa Idem, disse pubblicamente che per far crescere la cultura sportiva servono “laureati in scienze motorie” ad iniziare dalla scuola primaria, dove invece l’attività motoria è affidata a maestre non specializzate. Oppure a progetti a pagamento, dei genitori, che non sempre durano tutto l’anno scolastico.

In quell’occasione calcolammo la spesa per le 132.193 classi di primaria in tutta Italia, considerando ovviamente l’aggiunta di due ore di educazione fisica oltre l’attuale orario settimanale: “considerando che l’attività motoria con il docente specialista dovrebbe continuare a prevedere due ore a settimana d’insegnamento, sarebbero circa 11mila gli insegnanti che occorrerebbero. Calcolando che lo stipendio annuale iniziale, comprensivo di oneri fiscali e previdenziali, si aggira sui 23mila euro annui, l’impegno economico per lo Stato sarebbe di almeno 250 milioni di euro”.

Considerando nel computo pure le scuole dell’infanzia statali, si arriverebbe almeno a 300 milioni di euro. Realizzare un Protocollo, invece, costa decisamente meno. 

 

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Alessandro Giuliani

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