Ieri, 29 novembre, è uscito l’attesissimo Spotify Wrapped, il riepilogo dell’anno della musica ascoltata da ogni utente fornito dalla piattaforma Spotify. Si tratta di un appuntamento fisso ormai da anni: tutti aspettano di condividere le infografiche coloratissime che crea il servizio musicale, pronte a essere condivise sui social.
Importanti sono anche i dati che emergono da questa analisi sulle tendenze musicali e sugli artisti più ascoltati nel mondo e a livello nazionale. In Italia, come riporta Il Corriere della Sera, il cantante di sesso maschile più ascoltato è, per il terzo anno consecutivo Sfera Ebbasta, davanti a Geolier, Lazza, Shiva e Guè.
Ovviamente si tratta, lo ricordiamo, degli artisti più ascoltati nella piattaforma in questione. Sono esclusi quindi tutti coloro che non la usano. Ma, vista la sua popolarità, il dato è comunque interessante, soprattutto alla luce del recente dibattito sulla musica rap e trap, che presenta spesso al pubblico, e si parla di giovanissimi, canzoni misogine, se non inni alla violenza di genere.
Sfera Ebbasta, che ha pubblicato pochi giorni fa il suo album, da subito in vetta alle classifiche, è stato recentemente accusato proprio di questo. Ecco alcuni commenti presenti su X:
“A proposito di patriarcato, Sfera Ebbasta è nella top mondiale di vendite di dischi sulla classifica di Spotify e le ragazzine vanno pazze per lui. Che sia il caso di partire da qui?”
“Mi chiedo perché nessuno in questi giorni di grande attenzione alla violenza contro le donne non interviene per stopparlo?”.
“Quale educazione sentimentale si potrà fare in una società che reputa un successo un tal testo?”.
“Soprattutto in un momento come questo, mi sembra inopportuna. O sono io che non capisco i giovani”.
“Gli artisti più ascoltati in Italia tutti uomini misogini che scrivono canzoni misogine ma che sono comunque considerati più bravi delle donne perché sia mai parlare del bias che colpisce tutti e ci porta a ritenerli bravi”.
Proprio in questi giorni sta facendo scalpore la decisione del sindaco di Ladispoli, cittadina laziale, di bloccare il concerto del rapper Emis Killa previsto per Capodanno. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi con Guè. Il motivo? Una frase contenuta in un vecchio testo di una canzone di Killa, del 2016, “3 messaggi in segreteria“.
“Preferisco vederti morta che con un altro”, queste le parole incriminate. Le polemiche, come riporta Rolling Stone, sono nate in questi giorni e il cantante ha provato a difendersi dalle critiche dicendo che non si tratta di un inno al femminicidio, ma tutto il contrario. “Nel pezzo – dice – interpreto, invento, racconto fatti che purtroppo per quanto spiacevoli accadono. Non è Emiliano che parla e non penso nemmeno di dover dare troppe giustificazioni a chi non vuole capire. In un altro storytelling molto più recente interpreto Renato Vallanzasca, non so, volete accollarmi qualche anno di galera? Per farmi un’idea di me piuttosto dovreste parlare con le donne che fanno parte della mia vita, dalla mia famiglia alle amiche. Cercate i colpevoli tra i colpevoli, non tra chi è dalla vostra parte pur avendo un altro modo di affrontare le cose”.
Quanto contribuisce la musica, e soprattutto i testi delle canzoni, nel plasmare l’universo identitario dei ragazzi? In tempi di frequenti episodi di violenza tra giovanissimi bisognerebbe riflettere sul messaggio che i personaggi famosi, tra cui cantanti e attori, trasmettono?
Qualcosa si è mosso a Castelfranco Veneto: qui, l’11 settembre, si sarebbe dovuto esibire il rapper milanese Niki Savage in vista dell’inizio della scuola, dedicata a ragazzi dai 14 ai 18 anni. Ma così non è stato: dopo le proteste da parte del mondo degli “adulti” il concerto è stato annullato.
Di recente c’è chi punta il dito contro un certo tipo di musica, e soprattutto di testi delle canzoni: il trap. Lo ha fatto l’attrice Cristiana Capotondi: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, di come viene trattata la donna nella musica trap? La ascoltano gli adolescenti. Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto tale per cui ti tolgo la vita”, ha detto a In Altre Parole su La7.
Come riporta La Repubblica, i trapper non ci stanno. Ecco le parole di Luché: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.
Ancora più diretta la risposta di Niky Savage: “Mi sono rotto di sentirmi associato a questa m***a. ‘L’avete sentita la musica trap?’, sì ed è meglio di sentire certe ca***te che dite. Vorrei tanto sapere che musica ascoltino, sono sicuro che rimarremmo tutti stupiti! Detto questo, portiamo rispetto alle povere ragazze vittime di queste bestie, e alle loro famiglie”.
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