Un docente non può chiedere ai suoi alunni di simulare l’atto di sputare verso un altro bambino. Nemmeno giustificando il gesto come “un gioco di ruolo”. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, che ha confermato in via definitiva la condanna per abuso dei mezzi di correzione nei confronti di una maestra della provincia di Vicenza, ora in pensione, la quale per ‘correggere’ un alunno troppo vivace aveva messo in fila 22 compagni di una classe della scuola primaria, dicendo loro di mimare il gesto di sputargli contro.
L’episodio – scrive il Corriere del Veneto – è del novembre del 2013: la vicenda processuale si era conclusa in Appello con una condanna della donna a un mese e dieci giorni di reclusione e al risarcimento dei danni morali per 5.000 euro.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’insegnante, che sosteneva che dopo quel fatto il bambino avesse capito e avesse migliorato il proprio comportamento.
L’azione penale erano stata avviata dopo che i genitori di alcuni dei bambini, che al rientro a casa avevano raccontato quel che la maestra aveva ordinato loro di fare.
Del fatto era stata informata la madre del piccolo, e il dirigente scolastico ha avviato l’iter di giudizio dei fatti che ha portato l’Ufficio scolastico a comminare 10 giorni di sospensione alla maestra.
Nel frattempo, il magistrato ha portato avanti il suo lavoro: convocata la docente, questa ha sostenuto che si fosse trattato di una sorta di “gioco di ruolo” per placare il piccolo.
La Procura di Vicenza aveva dapprima chiesto l’archiviazione del caso, ma il Gip aveva disposto l’imputazione coatta, conclusa con il processo e la condanna a un mese e dieci giorni di reclusione e al risarcimento dei danni morali per 5.000 euro complessivi.
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