Le dichiarazioni della ministra Valeria Fedeli, rilasciate il 22/8, si fondano su una concezione antiquata della funzione docente. Giudizio motivato dalle asserzioni: “L’inamovibilità a fronte dell’incapacità non dev’essere più possibile” e “Bisogna intervenire sulla qualità della didattica. E dunque sulla qualità formativa dei docenti”.
Nel pensiero della ministra sono assenti due pilastri della cultura e della legislazione scolastica contemporanea: la visione sistemica e la progettualità.
La legge 107/2015 [La buona scuola] titola “Sistema Nazionale di istruzione e di formazione” per affermare l’unitarietà e l’orientamento dell’istituzione scuola. Un sistema agisce per conseguire risultati: il significato dei singoli componenti, che non hanno valore autonomo, deriva dall’interazione e dal coordinamento sinergico. La ministra, rigettando tale assunto, conferma e rinforza la tradizionale visione disarticolata: il modello di riferimento è quello universitario.
L’assenza della cultura sistemica è una costante delle elaborazioni ministeriali. Si consideri la sperimentazione dei licei brevi: le competenze specifiche dell’apprendimento saranno i parametri di validazione.
La categoria “obiettivi specifici dell’apprendimento” è stata introdotta nel 2010 dal Miur nelle indicazioni nazionali, come raffinamento del DPR 89/2010 [CFR. la gerarchia delle norme giuridiche]. L’allegato a) del decreto per i licei fornisce un ampio repertorio di competenze generali: i traguardi cui tutti gli insegnamenti devono mirare. Esse mostrano la sostanza del profilo culturale, educativo e professionale dello studente di fine percorso.
Competenze generali = finalità del sistema scolastico.
Competenze specifiche = traguardi dell’insegnamento disciplinare [CFR legge 53/2003 art. 2 lettera a)].
Il criterio scelto per la validazione dell’attività sperimentale sacrifica la visione d’insieme e occulta l’orientamento del sistema scolastico: si difende lo status quo in cui i singoli docenti sono i protagonisti.
“L’inamovibilità a fronte dell’incapacità non dev’essere più possibile”? Indubbiamente: bisogna garantire l’efficacia del servizio, garanzia che non può essere fornita in assenza di un mansionario in cui si precisano le responsabilità del docente.
La legge 107/2015 [La buona scuola] mira alla “piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche”, autonomia che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione” [DPR 275/99].
La progettazione formativa trova compimento nei PTOF che elencano le competenze generali che lo studente deve esibire al termine del percorso scolastico, competenze generali elaborate in funzione dell’assetto socio-economico-culturale dell’ambiente di riferimento.
La progettazione educativa riguarda il disegno di percorsi d’apprendimento che conducono alla conquista delle competenze generali: il collegio dei docenti identifica i propri traguardi, (enucleandoli dalle competenze generali) e ne valuta il conseguimento [CFR TU 297/94 programmazione dell’azione educativa e art. 7 lettera d)].
La progettazione dell’istruzione compete al consiglio di classe che adatta i percorsi del collegio alla specificità della classe.
La progettazione dell’insegnamento chiude la catena: i docenti disegnano e gestiscono percorsi didattici per conseguire sia gli obiettivi collegialmente identificati, sia quelli della disciplina d’appartenenza.
Il consiglio di istituto [che approva il PTOF] e il collegio dei docenti hanno responsabilità strategiche.
Il consiglio di classe, che opera nel medio periodo, ha responsabilità tattiche.
I docenti hanno mansioni esecutive: usano strumentalmente le loro competenze didattiche.
“Bisogna intervenire sulla qualità della didattica. E dunque sulla qualità formativa dei docenti”? Certamente, ma solamente dopo aver attivato quanto necessario per razionalizzare la gestione scolastica e per garantire il rispetto dello spirito e della lettera delle norme.
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