Non sono troppo lontani i tempi in cui magistralmente Leonardo Sciascia, nel romanzo ”Il giorno della civetta”, suddivideva l’umanità in cinque categorie: uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà.
Le cinque categorie ideali create dal saggista siciliano, rompevano quella insostenibile idea di egualitarismo, che vedeva tutti gli uomini uguali difronte allo Stato e alle leggi. La cruda e dura realtà è che gli uomini non sono tutti uguali e non hanno tutti le stesse opportunità, e di conseguenza il tentativo di rendere tutti gli uomini uguali è qualcosa di insopportabile, soprattutto nella nostra attuale società, concentrata sull’opulenza, sulla voglia di potere e sul desiderio di possedere tutto.
Una società di questo tipo non può accettare che, nel campo dell’educazione e della formazione, possa esistere una forma di egualitarismo che garantisca diritti, giuridici ed economici, uguali per tutti e che educhi al rispetto giuridico delle persone.
Gli insegnanti, per l’attuale responsabile del Ministero dell’istruzione, non sono tutti uguali e quindi non possono avere un contratto unico che li inquadri allo stesso modo.
Per il ministro dell’istruzione Stefania Giannini bisogna marcare le differenze e creare delle categorie di appartenenza in cui inquadrare gli insegnanti.
Secondo il responsabile del Miur, bisognerebbe premiare i docenti più capaci, disponibili e preparati. In buona sostanza la ministra Giannini sostiene che i dirigenti scolastici dovrebbero avere l’autonomia per premiare i docenti che ritengono più meritevoli e di conseguenza dovrebbero assumersi la responsabilità delle loro scelte.
Ma siamo certi che il nostro sistema scolastico sia governato da dirigenti scolastici immuni dalla deficienza di incappare nella scelta sbagliata e scellerata di premiare gli amici di turno? È parere diffuso tra i docenti che all’interno delle scuole pubbliche italiane esiste molto clientelismo e che alcuni docenti sgomitano per entrare nelle grazie del proprio preside.
Una delle cose più evidenti è quella che quando cambia il preside in una scuola, cambiano anche i rapporti fiduciari e quindi anche gli equilibri interne di potere. È questo sarebbe il merito tanto sbandierato dal governo Renzi?
Per alcuni insegnanti questo non sarebbe per nulla un sistema da considerare effettivamente meritocratico, ma piuttosto sarebbe il modo per fare proliferare i ruffiani, i carrieristi di mestiere, che prevarrebbero per indole e disponibilità sui più discreti insegnanti sfigati.
Quindi si profila all’orizzonte il tramonto di quell’egualitarismo di carriera, voluto, secondo il parere della ministra Giannini, dai sindacati scuola, mentre dovrebbe nascere un nuovo stato giuridico degli insegnanti dove emergerà qualcuno particolarmente meritevole, mentre gli altri resteranno a guardare. Il ministro parla anche di punire chi non è meritevole, auspicando che i DS usino il bastone con chi non fa il proprio dovere ed invece la carota con chi risulta essere bravo.
Il timore di molti è che questo meccanismo potrebbe innescare meccanismi perversi di clientelismo che vedrebbero come utilizzatore finale proprio il dirigente scolastico. Se Leonardo Sciascia fosse vivo e potesse parlare, siamo certi che suddividerebbe questo nuovo stato giuridico degli insegnanti, auspicato dal Miur, in tre squallide fasce: “i ruffiani”, “i carrieristi” ed infine gli “sfigati”.
A fare una sicura carriera saranno certamente i primi che affiancheranno il dirigente in ogni sua volontà, i secondi cercheranno di fare carriera e magari alcuni di loro, per ostinazione e costanza, ci riusciranno anche, e per ultimo ci sono gli sfigati che continueranno a fare il lavoro vero dentro le classi, che purtroppo nessuno mai calcolerà.
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