Stefania Auci, una delle scrittrici più seguite in Italia, insegna in un quartiere molto difficile di Palermo a ragazze e ragazzi con problemi. Rilasciando alcune dichiarazioni in un’intervista al Corriere della Sera ha confidato la sua rivincita grazie ai suoi best seller nei confronti dei professori del liceo che non credevano in lei.
Dal racconto della scrittrice siciliana emerge una descrizione della Sicilia degli anni 80-90, mutilata dalle stragi mafiose. Furono proprio queste, in particolare gli omicidi di Falcone e Borsellino, a farle decidere di intraprendere gli studi in Giurisprudenza, ma i docenti non appoggiarono la scelta. “Secondo loro non ce l’avrei mai fatta – dichiara Stefania Auci. Convocarono i miei genitori e dissero loro che forse sarebbe stato meglio se non avessi continuato a studiare e se mi fossi cercata un lavoro. ‘Al massimo’, furono le parole, ‘Lettere moderne’, dove secondo loro si studiava poco”.
E continua parlando della sua rivincita personale: “Io volli fare Legge, mi laureai in soli quattro anni e mezzo con una tesi sulla linea di difesa di Erich Priebke nel processo sull’eccidio delle Fosse Ardeatine. Presi 108 all’esame e sa perché? Perché quella stagione terribile, quella guerra di mafia dentro la quale ci sentivamo imprigionati ha smosso le coscienze e ha convinto tanti di noi a impegnarsi in prima persona. È stato come risvegliarsi da un torpore, anche in fatto di scrittura. Io ho imparato a leggere il non detto, a non essere superficiale nelle descrizioni, a raccontare un tempo altrui con precisione”.
E parlando del suo “successo” ha rivelato che anche questo aspetto della vita è più una rivalsa verso quei professori che non hanno creduto in lei: “Oggi sinceramente non so che cosa rispondere a chi mi chiede come vivo il successo, perché a me non sembra di aver fatto qualcosa di speciale. Ho assecondato un istinto di rivalsa, questo sì. È come se adesso stessi rispondendo a quegli insegnanti che hanno cercato di bloccarmi. Al liceo ho avuto un professore di greco che ci umiliava di continuo. Quello dell’insegnante è un lavoro delicato, spesso si fanno danni senza rendersene conto”.
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