Ben 6 pagine di “visto”, “considerato” e “ritenuto”: La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, con l’ordinanza sulla maturità 2017 si è “superata”. Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di oggi analizza il linguaggio della burocrazia e segnala il record detenuto dal Miur. Meglio di quanto realizzato dalla ministra Stefania Gianni che si era fermata a 58 nel 2016. Un’ordinanza record, quella del 2017: oltre 23 mila parole, due volte e mezzo il Manifesto di Marx ed Engels e sei volte più di quelle usate al Concilio Vaticano II.
Stella scrive: “Eccone un assaggio “Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297…”, “Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega…”, “Vista la legge 10 dicembre 1997, n. 425, concernente…”, “Visto il decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137, convertito…”, “Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2012, n. 263…” e via così, per sei pagine (sei pagine!) fitte fitte. Tutte ma proprio tutte assolutamente indispensabili? Ci permettiamo di dubitarne. Così come dubitiamo della bontà di passaggi come questo:
“L’ammissione dei candidati esterni è subordinata al superamento dell’esame preliminare, di cui all’articolo 7 della presente ordinanza (legge 11 gennaio 2007, n. 1, articolo 1, capoverso articolo 2, comma 3; articolo 1-quinquies del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2009, n. 167)”.
Si dirà: non sono testi per gli studenti ma per gli specialisti. Al massimo per i professori. Sarà… Ma una scuola che ai suoi massimi vertici scrive in questo modo ottusamente burocratico come può poi avere un linguaggio diverso nelle aule? Quando mai correggerà, una scuola così, un alunno convinto che l’uso di “attizio” “attergare”, “obliterare”, sia un segno di preparazione, diligenza, profondità culturale?
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