Il governo sul rinnovo dei contratti non cambia idea: con la legge di stabilità arriveranno altri soldi, ma andranno ai redditi più bassi e per valorizzare il merito.
Lo ha fatto intendere, chiaramente, il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, il 31 agosto a Catania confrontandosi con la segretaria della Cgil Susanna Camusso alla festa nazionale de l’Unità, dove il 1° settembre è atteso anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini.
“Io rivendico il fatto che questo governo ha messo un tetto agli stipendi nella pubblica amministrazione. E chiedo: ma chi guadagna 220mila euro non può aspettare ‘un giro’ rispetto alle persone che soffrono di più la crisi?“, ha detto Madia.
A sentire il ministro, quindi, chi opera nella scuola può ritenersi al sicuro: gli stipendi medi lordi, infatti, non superano i 30mila euro annui. E gli stessi dirigenti scolastici non superano i 55-60 mila euro annui.
Madia ha poi ricordato che “il blocco dei contratti della pubblica amministrazione arriva dalla crisi economica. Come Paese ci troviamo in un momento in cui si può riaprire la contrattazione. Nella prossima legge di stabilità stanzieremo più risorse in Consiglio di ministri“, ha assicurato il ministro.
Soldi che si andranno ad aggiungere ai 300 milioni dell’ultima ex Finanziaria. La speranza, per gli statali, è che si sia davvero trattato di un acconto. Perché per sanare sei anni di blocco, i sindacati si aspettano almeno 2 miliardi e mezzo. Poi, ci sarebbero pure gli aumenti.
Di cifre, però, il ministro non ha parlato. Madia ha preferito soffermarsi sul ‘come’ attuare gli aumenti. “La contrattazione non potrà escludere che si possano cambiare alcune leggi nella pubblica amministrazione – ha detto -: occorre capire come cambiare le regole perché ci sia un reclutamento selettivo per le categorie di assunzioni affinché ci sia un servizio migliore per tutti. Non c’è valutazione senza differenziazione. Occorre chiudere la stagione dei premi pubblici: premiare solo quelli che veramente fanno bene. Se il sindacato ci sta, faremo questo percorso insieme”. Nelle scorse settimane si era parlato di riservarli ad un dipendente su tre, ma ora forse l’accesso potrebbe allargarsi.
Il luogo per eccellenza per capire se i rappresentanti dei lavoratori avalleranno questa posizione è l’Aran, dove si stanno svolgendo incontri informali per dare una nuova cornice a tutto il pubblico impiego. Probabilmente, i sindacati diranno sì alla proposta Madia, solo se la parte pubblica sarà però disposta a spostare alcune materie, come orari di lavoro e valutazione, dal campo della legge a quello del contratto, così da abbattere i paletti della riforma Brunetta, dando margine agli accordi tra le parti.
Il contenitore delle novità è il Testo Unico sul pubblico impiego: per presentarlo c’è tempo fino a febbraio ma i punti cardine dovranno essere messi adesso, per capire cosa sarà regolato per contratto e cosa per legge. “L’obiettivo è arrivare a un nuovo modello” contrattuale anche nel pubblico, spiega il segretario confederale della Cisl, Maurizio Bernava. Quindi si tratta di intervenire a livello normativo per “restituire al contratto alcune materie che la legge ha sottratto alle parti: orari di lavoro, produttività, mobilità, valutazione”.
E sul piatto ci sono anche le questioni relative al turnover, da rendere più selettivo, e alle ‘pagelle’, per cui si studia una revisione delle ‘fasce Brunetta’.
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