La scarsità di risorse nella manovra di Bilancio sta producendo varie reazioni. La Tecnica della Scuola lo aveva scritto diversi giorni fa, parlando “se va bene di 70 euro medi lordi dipendente”, ed ora anche sindacati si sono resi conto che “gli aumenti salariali non raggiungerebbero i 65 euro mensili”.
Del resto, a far capire che non vi saranno incrementi è stato più volte il ministro del Mef Roberto Gualtieri, l’ultima delle quali ha detto che la scuola non può lamentarsi visto che assieme alla Sanità e Università erano stati previsti “tagli lineari per 6 miliardi”, che però l’attuale Governo ha cancellato.
L’aria che tira, quindi, è questa. Il tema è stato affrontato anche durante l’incontro tenuto al Miur tra gli stessi sindacati e il ministro Lorenzo Fioramonti.
Tra le organizzazioni dei lavoratori, c’è quindi chi, come la Gilda degli insegnanti, ha proposto soluzioni interne anziché continuare a chiedere l’impossibile al Governo.
La delegazione della Gilda degli Insegnanti, guidata dalla vice coordinatrice nazionale Maria Domenica Di Patre, ha fatto sapere, al termine dell’incontro tenuto al Miur, che “considerata l’esiguità delle risorse previste per l’Istruzione dalla legge di Bilancio, per incrementare i magri stipendi degli insegnanti in sede di rinnovo contrattuale”, ha chiesto formalmente “di abolire il bonus merito e la card docente istituiti dalla legge 107/2015 e di trasferirne i fondi direttamente in busta paga”.
“Si tratta di una richiesta che avanziamo da quando è stato introdotto questo iniquo sistema premiale che è soltanto un incremento del fondo di istituto con soldi messi a disposizione del dirigente per premiare chi fa progetti”, ha concluso il sindacato autonomo.
Cancellare le due modalità premiali, tuttavia, non è un percorso agevole. Perché fanno parte essenziale della Legge 107 del 2015 (comma 123).
Per quanto riguarda il bonus premiale, va detto che si tratta di una somma complessiva non particolarmente alta, ormai inferiore ai 300 milioni di euro, che quindi non avrebbe una grossa incidenza. Tuttavia, essendosi ormai ridotta la portata di assegnazione dei fondi, con una incidenza sugli stipendi in media di poco più di 300 euro annui, la cosa più logica sarebbe a questo punto seguire l’indicazione della Gilda.
Il problema si pone, però, per il bonus dell’aggiornamento da 500 euro annue, il quale ad oggi rappresenta la via maestra che permette ai docenti di ruolo di realizzare le 20-25 ore annue di formazione in servizio che i Collegi dei docenti hanno previsto proprio per ottemperare all’obbligo dell’aggiornamento permanente previsto dalla riforma della Buona Scuola.
Fa venire meno la possibilità di aggiornarsi, quindi, comporterebbe un bel problema per gli insegnanti, che rimarrebbero sguarniti del bonus.
A meno che non si consideri utile, a tale scopo, la somma che arriverebbe in busta paga: solo che questa si dimezzerebbe, per via delle trattenute e delle varie “voci” tra cui quella previdenziale.
Se poi i 500 euro annui dovessero essere spalmati anche sugli stipendi di precari e personale Ata, allora la quota si ridurrebbe addirittura ad un terzo, quindi a circa 15 euro al mese. La domanda, allora, è: conviene?
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