"Il livello delle retribuzioni degli insegnanti italiani è assolutamente scandaloso nel confronto con gli altri Paesi del mondo occidentale". Così ha esordito il ministro per la Pubblica Istruzione, Tullio De Mauro, durante un incontro con le rappresentanze sindacali tenutosi martedì 9 maggio. Un consistente numero di docenti, 750mila, vive in un particolare stato di agitazione soprattutto dopo l’annullamento del "concorsone" che prevedeva aumenti per i "superprof". Tra Governo e insegnanti si irrigidisce, ancor di più, il già esistente braccio di ferro. "Non so qual è l’impegno economico che possiamo assumere – ha detto il successore di Berlinguer – ma mi impegno a continuare nello sforzo per dare agli insegnanti una carriera e quindi una progressione di ruoli e di dignità professionali: tenterò di fare tutto ciò che è in mio potere per aumentare la retribuzione base di tutti gli insegnanti".
E per tutti, i Cobas chiedono i 6 milioni di aumento, confermando lo sciopero previsto per il 30 maggio, mentre la Cgil-scuola, per intervento del suo segretario nazionale, Enrico Panini, sostiene che "il Ministro, così come il Governo, devono onorare gli impegni già presi in precedenza. Dal precedente Governo – ha sottolineato Panini – i sindacati confederali avevano ottenuto la disponibilità ad un consistente investimento pluriennale sul personale e sulle riforme a partire dal 2001. Il Ministro e il Governo – ha concluso il segretario nazionale della Cgil-scuola – devono riaprire la trattativa sull’aumento dei 6 milioni e riscrivere i contenuti del vecchio concorsone". Tutto, dunque, viene rimesso in discussione, anche se traspare, da parte del Governo e del ministro De Mauro, la volontà di "elevare la retribuzione di base degli insegnanti per ottenere un degno stipendio di quei docenti che si impegnano per un miglior funzionamento della scuola, senza contraddire, quindi né l’una né l’altra delle linee sindacali, alternative tra loro".