Anche Carlo Calenda, leader di Azione, si è inserito nel dibattito a proposito della possibile differenziazione stipendiale dei docenti a seconda della regione d’Italia dalla quale provengono, apertosi dopo la diffusione delle parole del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara di mercoledì 25 gennaio.
Calenda, intervistato ai microfoni di Askanews, come riporta IlSole24Ore, a Milano per una iniziativa a sostegno di Letizia Moratti, ha subito chiarito un punto chiave: per il senatore discutere di una minore o maggiore retribuzione dei docenti non è al momento prioritario, non è un problema della scuola italiana su cui si dovrebbe intervenire con urgenza.
Per l’ex ministro dello sviluppo economico si dovrebbe ragionare in un altro modo: “Nelle aree più difficili del Paese non solo bisogna mandare gli insegnanti migliori ma bisogna anche pagarli meglio. Questo in generale in quelle che noi chiamiamo aree di crisi sociale complessa, dove ci deve essere il tempo pieno, dove gli insegnanti vanno mandati”.
Secondo Calenda è più urgente intervenire su quei territori dove il tasso di disoccupazione e di dispersione scolastica è più alto; proprio gli insegnanti che si prendono carico di situazioni difficili, secondo il senatore, dovrebbero essere pagati di più. “La priorità è il tempo pieno e soprattutto il fatto che si identifichino quelle zone d’Italia dove il livello culturale e di istruzione delle persone condanna i bambini e i ragazzi all’infelicità prima di tutto oltre che alla disoccupazione. E lì bisogna intervenire mandando gli insegnanti migliori e pagandoli di più. Questo è quello che abbiamo espresso nel programma elettorale”, ha detto.
Anche in questo caso, però, viene spontaneo chiedersi: come individuare gli insegnanti più validi? Secondo lo psichiatra Paolo Crepet a valutarli dovrebbero essere gli stessi studenti.
In ogni caso il segretario di Azione crede che l’osservazione fatta da Valditara a proposito della differenza relativa al caro vita nelle diverse regioni sia alquanto condivisibile. “Che ci sia una differenza tra un insegnante che percepisce 1.200-1.300 euro e vive a Milano e uno che li percepisca in un’altra Regione che ha un costo della vita inferiore oggettivamente c’è. E questa è una cosa di cui bisogna tener conto. Dopodiché credo non sia la priorità della scuola italiana”, ha chiosato.
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