Sulle rimostranze e lo sciopero dei sindacati, c’è una prima ammissione “di colpa” del Governo: a concederla è il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Lo ha fatto commentando la scarsità di risorse per il rinnovo del contratto del scuola, scaduto da tre anni e mezzo e per il quale sono ad oggi garantiti aumenti non di molto superiori ai 100 euro lordi medi a docente, ancora meno per il personale Ata. Cifre, però, cosiddette “lordo Stato”, quindi destinate quasi a dimezzarsi.
Il tema non è nuovo, se pensiamo che quasi due anni e mezzo fa si dimise soprattutto per questo motivo l’allora ministro Lorenzo Fioramonti.
Intervenuto il 31 maggio a Torino, durante l’incontro al Liceo D’Azeglio anteprima del Festival dell’Economia, il numero uno del dicastero dell’Istruzione ha difeso l’operato del Governo, ma sul fronte stipendiale ha detto invece di comprendere “la posizione del sindacato”.
È vero, ha poi sottolineato Bianchi, che “sul rinnovo del contratto” abbiamo “comunque abbiamo messo 300 milioni in più, ma non sul decreto legge 36“.
La prossima settimana, il 7 giugno, i sindacati torneranno ad incontrarsi con l’Aram, che rappresenta la parte pubblica: potrebbero chiedere di fare confluire i 300 milioni sugli aumenti, ma di fatto la cifra media di incrementi si sposterebbe di poco.
Quello che serve, quindi, sono risorse importanti: parliamo di miliardi di euro. Quelle che solo il Governo, con le coperture del ministero dell’Economia e delle Finanze, possono accordare.
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