“Continuo a pensare che sia fondamentale l’investimento nella formazione iniziale e nella formazione in servizio (retribuita) dei docenti, perché io considero quella docente una delle professioni più importanti del Paese,” così la ex ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli nel corso della diretta della Tecnica della Scuola.
“Penso che questa professione debba essere fortemente retribuita – continua -. A qualità di formazione di ingresso deve corrispondere una qualità più alta di retribuzione perché questo fa parte dell’investimento. La scuola vive sul valore professionale dei docenti e di tutto il personale scolastico”.
“Quando il ministero del Tesoro non mette risorse sulla scuola – argomenta la senatrice – lì c’è un’evidente sottovalutazione del valore della scuola per il Paese”.
“Alta formazione, alta retribuzione – prosegue – perché è questo il modo per dare riconoscimento al lavoro degli insegnanti. L’obiettivo, una armonizzazione con le retribuzioni europee”.
“L’obiettivo, una armonizzazione con le retribuzioni europee, il che significa non copiare dagli altri, ma trarre il meglio mantenendo ciò che noi abbiamo di valido – spiega – ad esempio noi abbiamo una buona formazione umanistica nei nostri percorsi, tuttavia dobbiamo anche armonizzare con i percorsi di uscita. Se all’estero i ragazzi finiscono il loro percorso scolastico a 17 anni, dobbiamo aprire un tema su questo. Per tutti noi che vogliamo costruire l’Europa: si parte da qua,” conclude la senatrice.
Alle sue parole si aggiungono quelle di Agostino Miozzo, ex coordinatore del Cts, che sempre sul valore della scuola afferma: “Nella politica manca maturità, manca la percezione del valore vero della scuola”.
“Durante il mio periodo al Cts – racconta – mi colpiva molto vedere le valutazioni degli altri Paesi rispetto alla chiusura della scuola e alla messa in didattica a distanza. Leggevo le affermazioni della Francia e del Regno Unito che dicevano la scuola DEVE essere aperta”.
“Gli inglesi hanno calcolato il valore del deprezzamento sul mercato del lavoro di un ragazzo che trascorreva periodi molto lunghi in didattica a distanza. Quando un Paese fa un’analisi del genere significa che ha capito esattamente cosa significa la scuola per i ragazzi, vuol dire che hai capito il valore della scuola”.
E contesta l’operato dei presidenti di regione: “In Italia preferivamo chiudere, e qui la responsabilità va alle Regioni, preferivamo chiudere le scuole e mantenere i centri commerciali aperti e al Cts dicevamo: non chiudete le scuole, perché altrimenti i ragazzi vanno al centro commerciale dove non manterranno quelle attenzioni e precauzioni che a scuola sono obbligati a mantenere, quindi il disastro sarà doppio”.
E conclude deciso: “Io ritengo che i ragazzi in presenza sono un obbligo”.
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