Il ministro Lorenzo Fioramonti non ha dubbi: con la prossima legge finanziaria ci saranno i soldi per aumentare gli stipendi dei docenti e ne è talmente convinto che ha persino dichiarato che se le risorse necessarie non saranno disponibili la sua risposta sarà una sola: dimissioni dall’incarico. Lo ha ribadito nel corso dell’intervista rilasciata a La Tecnica della Scuola.
Nessuno vuole mettere in dubbio le buone intenzioni del Ministro, ma per raggiungere l’obiettivo di aumenti a 3 cifre bisognerà superare molti ostacoli.
Il primo riguarda il fatto che i sindacati hanno già fatto capire che il contratto della scuola, che peraltro riguarda anche università, ricerca e Afam, non può essere rinnovato senza pensare anche agli altri comparti del pubblico impiego.
Ma allora i soldi necessari non sono “solamente” il miliardo e mezzo di cui parla Fioramonti, ma sono almeno tre volte tanto: e una somma del genere, almeno per il momento, non c’è proprio.
Tanto è vero che già si sta parlando di 80 euro lordi che però potrebbero arrivare a 100 se dovesse andare in porto una operazione più complessiva alla quale sta pensando il Governo: tassazione agevolata per gli aumenti contrattuali.
L’obiettivo di diminuire il divario fra gli stipendi dei docenti e quelli degli altri dipendenti pubblici appare però ancora molto lontano.
A meno che non si intervenga sulla cosiddetta “retribuzione professionale docente” che spetta, appunto, ai soli docenti e non al restante personale e che potrebbe essere incrementata utilizzando gli stanziamenti della “Carta del docente” e del “bonus premiale” (mezzo miliardo di euro in tutto che si tradurrebbe in 35/40 euro lordi al mese).
Altre risorse utilizzabili, al momento, non si vedono. In molti parlano di recuperare un po’ di risorse abolendo le prove Invalsi e chiudendo del tutto l’Istituto, ma è del tutto evidente che si tratta di una soluzione impraticabile (peraltro il costo dell’Invalsi e delle prove non va al di là di qualche decina di milioni di euro) non fosse altro per il fatto che la soppressione dell’Istituto potrebbe vedere contrari gli stessi sindacati, per motivi occupazionali.
Altra ipotesi, anche questa non fattibile, è quella di usare le risorse destinate ai progetti in orario aggiuntivo. Ma evidentemente chi la propone non sa che i soldi dei cosiddetti PON sono vincolati a indicazioni dell’Unione europea e non possono in alcun modo essere utilizzati per incrementare le retribuzioni.
Insomma, Lorenzo Fioramonti dovrà “fare fuoco con la legna a disposizione”, che è davvero poca. E, per il momento, non si vedono boschetti che possano fornire altro combustile.
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