In 10 anni gli stipendi dei docenti italiani sono calati mediamente del 7% rispetto all’andamento dell’inflazione. Tradotto in altri termini, significa che dal 2007 a oggi le buste paga mensili si sono alleggerite di circa 170 euro lordi.
Il calo vertiginoso delle retribuzioni dei prof emerge in tutta la sua gravità dai dati elaborati dal Centro Studi Nazionale della Gilda degli Insegnanti che ha analizzato la variazione annua degli stipendi in relazione all’andamento dell’inflazione dal 1997 al 2018.
“Il calcolo, che prende come riferimento lo stipendio medio di un insegnante con 21 anni di servizio nella scuola secondaria di primo grado, – spiegano Gianluigi Dotti e Rosario Cutrupia del Centro Studi della Gilda – evidenzia come il potere di acquisto dei docenti sia crollato inesorabilmente nel corso degli anni”.
In particolare, si nota che a partire dal 2010 e fino al 2017 gli incrementi stipendiali non hanno mai raggiunto l’1%, attestandosi addirittura a zero dal 2012 al 2015, a fronte di un’inflazione che, pur se non a ritmi galoppanti, viaggiava con segno positivo e toccando punte del 2,80% e del 3% rispettivamente nel 2011 (aumento stipendi dello 0,20%) e nel 2012 (aumento stipendi dello 0,00%).
“Si tratta di una situazione che grida vendetta”, dichiara Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, alla vigilia dell’incontro sul rinnovo contrattuale che si terrà oggi pomeriggio al Miur.
“Per risalire la china, e recuperare la differenza salariale non solo rispetto al resto dei docenti europei ma anche agli altri dipendenti del pubblico impiego, occorre che il Governo adotti un provvedimento ad hoc per la scuola. Al vertice di oggi a viale Trastevere – afferma Di Meglio – chiederemo uno stanziamento adeguato di risorse, una cui parte è possibile reperire abolendo il bonus premiale introdotto dalla legge 107/2015 e destinando quei fondi all’aumento degli stipendi. Senza dimenticare il recupero dello scatto di anzianità 2013 per il quale la Gilda ha raccolto circa 30mila firme attraverso una petizione lanciata ad hoc e che – conclude Di Meglio – non deve finire nel dimenticatoio”.