Il medico, esperto di burnout nella scuola Vittorio Lodolo D’Oria, fa una riflessione sugli stipendi dei docenti e arriva a una conclusione: per equiparare i salari alla media europea, servirebbe una cifra come quella occorsa per istituire il reddito di cittadinanza. La considerazione di Lodolo D’Oria arriva sulla testata ‘Lab Parlamento’:
“Siamo ultimi nella UE come retribuzione degli insegnanti e, a ogni rinnovo di contratto, aumentiamo il divario con gli altri Paesi anziché colmare il gap. Che a nessun politico – nemmeno in campagna elettorale – venga il sospetto di trovarci in tale disdicevole situazione è indicativo della lungimiranza della nostra classe politica nonché – udite, udite – della apatia e della rassegnazione dello stesso popolo degli insegnanti, abituati a prendere bastonate, da decenni, senza reagire”.
Lodolo D’Oria si chiede: “È adeguata la sua retribuzione (alla media UE)? È migliorata la situazione previdenziale? Sono state individuate le malattie professionali? Viene tutelata la salute professionale nelle scuole? È diminuita l’età media rispetto alla UE? È aumentata la componente maschile tra i docenti?
Tutte le risposte sono impietosamente negative perché i docenti italiani risultano essere i meno pagati, gli ultimi ad andare in pensione, i più vecchi, infine contano una presenza femminile superiore all’83%.
Facciamo una breve riflessione sulle risorse che occorrerebbero per equiparare il salario dei docenti italiani alla media UE. Si dà il caso che la consistente cifra è più o meno la stessa occorsa per istituire il Reddito di Cittadinanza (RdC). Oggi lo Stato, pur non retribuendo adeguatamente i suoi docenti, li ignora e utilizza le finanze pubbliche a suo piacimento facendo bieco assistenzialismo “diseducativo”.
Uno Stato giusto e autorevole deve prima dare le meritate spettanze ai propri lavoratori, quindi adoperare al meglio le eventuali risorse disponibili per promuovere il benessere collettivo e in particolare dei cosiddetti “fragili”.
Il dottore spiega ancora il suo pensiero. “Ora che alcune forze politiche hanno richiesto la cancellazione/rimodulazione del RdC occorre fare subito presente che tutte le risorse da qui recuperate dovranno essere – hic et nunc – impiegate per sanare l’ingiustizia che vede i docenti italiani come i peggio pagati nella UE.
Tanto più che siamo alle prese col rinnovo del contratto oramai scaduto da alcuni anni. Non è un caso se alcuni leader politici ipotizzano – guarda caso proprio in questi giorni – estemporanei ed evanescenti aumenti salariali dei docenti: ma non eravate al governo proprio voi? E come mai non vi è venuto in mente prima? E soprattutto perché non indicate puntualmente la copertura finanziaria restando vaghi e fumosi come sempre nel mezzo secolo appena trascorso?
Restano ora da analizzare ancora tre caratteristiche che riguardano il voto degli insegnanti: la sua forza (un milione di docenti con un indotto di quattro milioni); il suo elettorato tendenzialmente di sinistra; il fattore femminile (83% degli insegnanti sono donne). Sul primo c’è poco da dire e molto da riflettere e lavorare per chi ambisce a vincere la competizione elettorale.
Sul secondo è possibile prevedere un riequilibrio se non addirittura un ribaltamento a seguito di tagli scellerati e “buone scuole”. Infine, chi finalmente si occuperà di tutelare una categoria professionale quasi esclusivamente al femminile nonché la sua salute professionale (burnout, Stress Lavoro Correlato e riconoscimento malattie professionali), otterrà il meritato consenso dall’intera società e non solo dalla stessa categoria professionale che, pur svolgendo un ruolo chiave, resta la più trascurata in assoluto.
E se poi l’aspirante premier fosse donna? Sarebbe un vero peccato che non cogliesse al balzo l’occasione nell’interesse del Paese e di chi è chiamato all’arduo compito di formare le future generazioni”.
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