Sono 5 le sigle di gruppi e movimenti che nella giornata del 25 ottobre hanno firmato un documento sul problema degli stipendi del personale della scuola e della regionalizzazione del sistema di istruzione.
All’iniziativa, promossa dai Partigiani della Scuola Pubblica, si sono uniti il Comitato LIP, e i gruppi FB Docenti per la Scuola Statale pubblica, Professione insegnante e Scuola Bene Comune.
Le rivendicazioni, peraltro, sono simili a quelle evidenziate dall’Associazione Nazione Docenti di cui diamo conto in un altro articolo.
“Gli stipendi dei docenti – scrivono le 5 sigle – sono ormai diventati un problema sociale che incide in modo rilevante sul buon andamento del sistema di istruzione. Il problema del livello stipendiale inadeguato dei docenti, che parte da una base di 1300 euro e che ha perso potere d’acquisto, non è più una mera rivendicazione di categoria, ma una priorità nazionale per il funzionamento delle scuole di tutti gli ordini e gradi”.
“Il Ministro Fioramonti – aggiungono – ha individuato la portata strategica di questa misura e si sta spendendo nella direzione giusta, ma il Governo potrebbe dirottare i fondi altrove.
Le risorse vanno trovate ora: sappiamo che sono consistenti , ma rinviare la soluzione al problema porta ad un aggravarsi ulteriore della situazione, perché i mancati progressivi adeguamenti nel corso degli anni hanno comportato che le risorse da investire sono andate di anno in anno ad aumentare acquisendo una mole che incombe in maniera importante sulla manovra di bilancio”.
“Contestualmente – aggiungono i firmatari – ci opponiamo fermamente anche alla spinta autonomistica” che nasconderebbe di fatto forme di “localismo particolaristico delle singole piccole patrie”.
I firmatari del documento chiedono che “il Governo corra ai ripari” e annunciano “disagi in occasione degli scrutini quadrimestrali”.
Il Gruppo Scuola Bene Comune, in un proprio comunicato con il quale rilancia quello delle 5 sigle afferma anche che “docenti e Ata devono essere chiamati alle loro responsabilità, non possono pretendere che i due obiettivi del sì ad un contratto di risarcimento e un no alla regionalizzazione, possano essere ottenuti nell’immobilismo di sempre, nella passività, nello scetticisno, nel qualunquismo del non c’è nulla da fare ormai, tutto è inutile, non cambia nulla, non voglio regalare una giornata di stipendio allo Stato”.
Secondo SBC (Scuola Bene Comune) è necessario che “il personale della scuola sia mobilitato dai sindacati prima attraverso le assemblee in orario di servizio per poi arrivare ad uno sciopero unitario”; “altre forme, pur necessarie (rinvio degli scrutini del primo trimestre o quadrimestre o astensione da attività aggiuntive e da incarichi che potrebbeto essere proclamate) – sottolineano – non possono essere sostitutive della giornata di sciopero che indica nel numero di adesioni il dissenso della categoria”.
Il Gruppo SBC ha anche una rivendicazione chiara: 200 euro netti di aumento da ottenersi con una operazione effettuata su due leggi di bilancio, quella che si sta varando in queste settimane e quella del prossimo anno.
La rivendicazione, che pure non consentirebbe di equiparare del tutto gli stipendi dei docenti italiani a quelli europei avrebbe a regime un costo di circa 4 miliardi di euro considerando però solamente il personale docente a tempo inderminato.
Se poi si calcola anche il costo del personale Ata e dei docenti assunti a tempo determinato il cui stipendio deve essere equiparato a quello iniziale dei colleghi di ruolo, si potrebbe arrivare sneza troppa difficoltà a 5 miliardi.
Sarebbe un costo certamente giustificato dalla importanza che la scuola ha per il futuro del Paese ma, molto probabilmente, non sostenibile con le attuali regole di bilancio.
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