Le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, su una possibile differenziazione degli stipendi dei docenti, continuano produrre un pullulare di commenti. Non è bastata nemmeno la sottolineatura dello stesso Valditara, il quale sabato 28 gennaio ha tenuto a specificare che “la vera sfida è pagare di più tutti gli insegnanti”, perchè “con 1.500 euro un professore non riesce a vivere, né riesce con 1.300 euro un docente di scuola primaria”.
Nicola Fratoianni, segretario nazionale di Sinistra Italiana e parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra, definisce quella di Valditara una “sparata” e poi dice che “sono almeno 20 anni che ogni tanto viene fuori questo dibattito sugli stipendi degli insegnanti, senza che sia mai cambiato nulla. Detto chiaramente, anche da parte delle forze che sono come noi all’opposizione oggi”.
“Di buone intenzioni – sostiene Fratoianni – sono lastricate le vie dell’inferno, si direbbe. E all’inferno gli insegnanti ci sono da un po’”.
Il leader di SI ricorda che il suo partito aveva “avanzato una proposta concreta, più di un anno fa e non in campagna elettorale, quando il gioco diventa a chi la spara più grossa: mentre si decideva di aumentare le spese militari di 13 miliardi di euro l’anno, Sinistra Italiana segnalava che quelle risorse erano sufficienti per assumere 200 mila insegnanti e per alzare gli stipendi a tutti i docenti italiani. Nessuno allora ci ha seguito in questo proposito”.
Fratoianni tiene anche a ricordare che Sinistra italiana ha anche “elaborato una proposta di patrimoniale sui più ricchi per alzare gli stipendi ai docenti e rendere gratuita l’istruzione, inclusa l’università: si chiama Next Generation Tax. E oggi ci tocca leggere di un florilegio di proposte”.
La “patrimoniale” indicata da Fratoianni sarebbe da assegnare ai cittadini in possesso, in particolare, di beni immobili, alte somme di denaro, automobili di lusso e beni di un certo valore.
Anche il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha detto ‘no’ alla differenziazione degli stipendi dei docenti: “Le gabbie salariali sono state tolte 50 anni fa, il tema non è differenziare gli stipendi ma assicurare degli stipendi che siano in grado di garantire alle persone di poter vivere in maniera dignitosa”, ha detto il primo cittadino a margine della presentazione di un libro di Pier Ferdinando Casini.
“C’è un grande problema salariale in Italia e questo vale per la scuola ma anche per tante altre categorie, è opportuno affrontare questo tema perché le altre soluzioni possono essere peggiori del problema che si vuole risolvere”, ha continuato Manfredi.
“Oggi soprattutto con l’inflazione galoppante c’è una perdita del potere d’acquisto – ha detto a Napoli – soprattutto per chi lavora fuori sede è difficile avere una vita dignitosa ma questo vale al nord come al sud. È un grande tema che va affrontato”.
A dire la sua è stato anche Luca Bianchi, direttore generale di Svimez. Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno: se proprio “si vogliono differenziare le retribuzioni nella scuola”, ha detto, “bisognerebbe dare al contrario un premio a chi accetta di lavorare nelle aree più problematiche, che si trovano al Sud ma non solo”.
L’idea di compensi differenziati in base al livello dei prezzi “intanto mi pare un salto nel passato, visto che come è noto le gabbie salariali sono state abolite alla fine degli anni Sessanta – ha continuato Bianchi – Poi nel merito mi pare un’idea anche complicata da attuare, perché è difficile identificare il reale costo della vita. Certo, in un paese del Sud si spende meno al bar o al negozio di alimentari ma se poi chi ci vive deve fare magari 300 chilometri per andarsi a curare è penalizzato ancora di più. Insieme ai prezzi dei beni va valutata anche la disponibilità dei servizi”.
Secondo il direttore generale di Svimez la stessa funzione lavorativa “non può essere pagata in modo differente e questo già di per sé è ingiusto. Ci sarebbe un effetto di attrazione verso le aree che pagano meglio e dunque aumenterebbe quella mobilità che già c’è esiste”.
Bianchi coglie anche una contraddizione (evidenziata un paio di giorni fa anche dalla Tecnica della Scuola): sostiene che è “strano che nel momento in cui si dice di voler premiare il merito, in particolare nella scuola, le variazioni contrattuali scattino non in base al lavoro svolto ma alla localizzazione territoriale”.
Quella espressa dal ministro Valditara, “mi pare una visione che cristallizza le distanze che ci sono tra i vari territori Anzi, con una scuola spezzettata c’è il rischio di aumentare la diseguaglianza invece di ridurla”, ha concluso.
Di parere molto simile si è detto anche Antonio Naddeo, presidente dell’Aran: in un’intervista al Gr1, il rappresentante della parte pubblica ha detto che “lo stipendio dei professori e del personale scolastico deve rimanere unico su tutto il territorio nazionale, ma si deve lavorare sulla contrattazione integrativa“.
È vero, ha ammesso Naddeo, che “c’è un’obiettiva difficoltà rispetto ai salari per chi va a lavorare nelle scuole delle città con costi della vita più elevati, come Milano. E su questo bisogna ragionare, fermo restando, però, che lo stipendio deve restare unico per tutta la categoria”.
Secondo il presidente dell’Aran, “si potrebbe dare più spazio, a normativa vigente, alla contrattazione integrativa per regolare alcuni istituti economici accessori che possono tener conto di situazioni particolari territoriali sia di tipo economico legato al costo della vita, ma anche di tipo geografico, pensiamo alle zone svantaggiate come montagne o isole”.
Anche se il Governo dovesse legiferare per la regionalizzazione dei servizi pubblici, Naddeo ha spiegato che “il contratto collettivo nazionale del lavoro rimarrebbe in ogni caso il pilastro centrale”, attorno al quale mettere “dei contratti integrativi regionali dove regolare una parte accessoria della retribuzione, secondo indennità specifiche“.
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