La Flc Cgil parla di una caduta verticale della professione docente causata da stipendi troppo bassi e condizioni di lavoro che allontanano i giovani dall’aspirare a fare il docente.
I soldi stanziati dal Governo per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego sarebbero sufficienti ad aumentare gli attuali stipendi di 108 euro lordi mensili. In buona sostanza 3,8 miliardi di euro da dare a 3,5 milioni di dipendenti pubblici, verrebbero appunto poco più di 100 euro ciascuono. Si tratta di un aumento delle retribuzioni pari allo 4,07%, ma bisogna però dire che ci sono alcune categorie, come i magistrati e i dirigenti del pubblico impiego che prenderanno molto di più e altri che invece prenderanno molto di meno. Inoltre bisogna anche tenere in conto che dentro questi 3,8 miliardi di euro, c’è anche la parte che serve a mantenere la quota perequativa prevista per i stipendi più bassi e inserita attraverso il CCNL 2016-2018. In buona sostanza per i docenti si corre il rischio di arrivare ad un aumento mensile lordo non superiore a 75 euro, il che vorrebbe dire una quarantina di euro nette in più nel cedolino di ogni mese.
Quando il Governo Gentiloni nel 2018 rinnovò il Contratto scuola dopo un blocco quasi decennale, con una somma superiore agli 85 euro lordi e mensili, l’On. Di Maio fu molto chiaro ed esplicito nelle sue dichiarazioni: ”Dobbiamo prima di tutto adeguare gli stipendi dei docenti italiani alla media europea e garantire la valorizzazione della loro professionalità, anche con il rinnovo contrattuale e la retribuzione delle ore di formazione e aggiornamento. La professione docente deve tornare ad avere il prestigio che gli è stato sottratto, anche attraverso una stabilizzazione dei precari storici”.
Sulla riforma della Buona Scuola l’ex leader del M5S così si era espresso: ”La riforma Renzi non ha nulla di buono. La smantelleremo partendo proprio da quelle misure che hanno trasformato la scuola in un’azienda: i super-poteri ai presidi, la chiamata diretta dei docenti, il bonus premiale e la card formazione per i docenti che è più una mancetta elettorale”.
Appare evidente a tutti dopo oltre due anni di Governi a maggioranza M5S, guidati sempre dal Premier Giuseppe Conte, come sulla abrogazione della legge 107/015 e sull’aumento degli stipendi dei docenti, ci sia stato un netto e indiscutibile tradimento delle promesse elettorali fatte nel 2018.
Arriva proprio allo scadere del 2020, il giorno di San Silvestro, un comunicato stampa della Flc Cgil sugli stipendi dei prof: “E’ la seconda volta che il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si occupa di stipendi dei docenti. La prima volta fu nell’aprile 2019, quando addirittura firmò un Protocollo di Intesa con i sindacati scuola, riconoscendo l’importanza di un adeguamento degli stipendi degli insegnanti alla media dei loro colleghi europei, così come legittimamente chiedevano le Organizzazioni sindacali. Ma poi il suo primo governo cadde.
Ora, sia pur genericamente, il Presidente ritorna sull’argomento in occasione della conferenza stampa di fine anno, per dire che effettivamente occorre fare di più.
Purtroppo il riconoscimento si ferma qui, e se si ferma qui andrà a tenere compagnia alla lunghissima serie di presidenti e di ministri dell’istruzione che ammettono l’anomalia ma poi non fanno nulla per correggerla.
I mali della scuola italiana sono annosi ed endemici: classi pollaio, precariato cronico, tagli epocali al personale, edilizia antiquata, tempo scuola ridotto, scuole sovradimensionate e ingestibili, strutture di supporto amministrativo ridotte al lumicino, autonomia non supportata e via dicendo. Ma di questo panorama desolante fa parte anche la non attrattività della professione docente. Stipendi non adeguati sono una delle cause che portano alle graduatorie vuote, alle classi non coperte, alla caduta verticale della considerazione sociale della professione.
Se si cominciasse a programmare un graduale incremento stipendiale da realizzare anche in più contratti a partire dal prossimo, allora si potrà dire che si incomincia a uscire dalle chiacchiere per fare cose concrete”.
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