Cresce il malcontento dei sindacati per la Buona Scuola, in particolare per le novità in arrivo sul fronte della carriera e degli stipendi del personale. Il provvedimento, in CdM tra pochi giorni, non piace sia per il metodo adottato per determinarlo sia entrando nel merito dei contenuti. Tanto che tra i rappresentanti dei lavoratori comincia a prendere quota l’ipotesi di sciopero.
Il 24 febbraio ad esprimere tutto il suo dissenso è stata la Uil. Prima con Carmelo Barbagallo, il nuovo segretario generale, che a margine di un convegno a Napoli ha ricordato come al Governo si “di buona scuola, ma la nostra è la penultima in Europa. Dopo di noi c’è solo la Romania. È un anno che Renzi dice che avrebbero investito soldi per rimettere a posto le scuole – ha aggiunto – e speriamo che lo facciano”. “L’America sta investendo mille miliardi di dollari all’anno per avere un incremento del pil del 3,1%. Spendono su innovazione, tecnologia, cultura. Non so noi su cosa stiamo investendo”, ha concluso Barbagallo.
A rincarare la dose ci ha pensato Massimo Di Menna, segretario generale della Uil Scuola, che poco dopo ha ricordato all’Anso come sulla retribuzione e sulla progressione di carriera, gli insegnanti “non possono essere trattati come sudditi. Non si può fare un editto e poi comunicarlo”. Se ciò avverrà “faremo sentire le loro voci con la protesta”: “non è escluso lo sciopero”. Il, non usa mezzi termini e chiede “che materie come la retribuzione e la progressione economica degli insegnanti non vengano inserite nel decreto legge sulla scuola”, che il Governo si accinge a presentare in Consiglio dei Ministri.
Di Menna ha poi aggiunto: “non vorremmo che le assunzioni degli insegnanti annunciate dal Governo fossero solo fuochi d’artificio, ovvero che per la loro copertura si andassero a toccare le retribuzioni dei docenti, che peraltro sono ferme al 2009”. E per quanto riguarda gli scatti di merito introdotti dalla “Buona scuola”, ha spigato che “sono solo una cosa teorica, inesistente. Prima si deve capire cosa si intende per merito. Ad esempio, si parla tanto di valutazione, ma poi mancano gli ispettori”. In generale, “quello che serve – conclude Di Menna – è la certezza di risorse e la discussione con gli insegnanti”.
La Cisl Scuola, intanto, se l’è presa con quella parte di mass media che “mistifica la realtà quando si afferma, come accade anche oggi su qualche giornale, che per pagare gli scatti di anzianità si sono prosciugate le risorse per le attività a favore degli studenti”. Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, sostiene che in tal modo “si mistifica la realtà e si scarica sui lavoratori e su chi li rappresenta una colpa che non hanno, assolvendo i veri colpevoli, cioè i governi che hanno “rapinato” le retribuzioni del personale, colpendo l’unico elemento che finora faticosamente le protegge e impedisce che gli stipendi diventino ancor più inadeguati rispetto all’importanza e alla complessità del lavoro nella scuola”.
“Si impone pertanto una precisazione: le risorse per il miglioramento dell’offerta formativa sono a tutti gli effetti salario dei lavoratori, come lo sono gli scatti di anzianità. Ambedue le voci sono infatti disciplinate dal contratto di lavoro. Gli accordi con cui i sindacati, la Cisl Scuola tra questi, hanno deciso di dirottare sul salario fondamentale una parte del salario accessorio, sono stati la risposta obbligata a un depauperamento delle retribuzioni di tutti, una risposta data non “rubando” risorse altrui, ma semplicemente utilizzando quote di salario di propria competenza per far fronte a un’emergenza certamente non causata dal sindacato”.
“E’ a dir poco strana la pretesa che siano i lavoratori, autotassando i propri stipendi già magri, a dover finanziare i fondi per le attività aggiuntive. Ci pensino governo e parlamento, sempre così pronti a riempirsi la bocca di affermazioni solenni sul valore del lavoro nella scuola, sempre così assenti quando si tratta di dare seguito alle loro parole con scelte coerenti e concrete. Tocca a loro rifinanziare il fondo attraverso le necessarie scelte di investimento. Si smetta – conclude Scrima – di chiamare in causa a sproposito i nostri accordi”.
Intanto l’Anief, nella stessa giornata, ha rotto gli indugi, proclamato uno sciopero del personale precario docente: l’appello del sindacato è rivolto a 140.000 supplenti per partecipare ad un sit-in nei pressi del Parlamento. “Sono più di 120.000 i docenti precari che lavorano attualmente nelle nostre scuole – ricorda una nota – per lo più con un contratto al 30 giugno, spesso su un posto vacante: più della metà di essi, è chiamato dalle graduatorie d’istituto ma non può inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento creata nel 2012, utile per le annunciate immissioni in ruolo del Governo. Inserimento in Gae, scatti di anzianità, ferie, primo gradino stipendiale, censimento posti vacanti: sono le parole d’ordine di uno sciopero e di una manifestazione che martedì 17 marzo 2015 intendono contrastare la precarietà, stabilizzare il personale, recuperare i diritti e la dignità del lavoro. Per questa ragione – conclude l’Anief – invitiamo tutto il personale docente a tempo determinato in servizio presso le Scuole a scioperare”.
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