Nel nostro Paese “ciascun dipendente pubblico costa in media 49.000 euro l’anno, meno dei 50.000 dei colleghi francesi e tedeschi, ma più di quelli inglesi 43.000 e spagnoli 40.000”: a rivelarlo è uno studio del Forum PA, che come ogni anno dedica tre giorni di convegni alla Pubblica Amministrazione.
Entrando nel dettaglio dei conti pubblici, si legge nella nota, “ciascun cittadino italiano spende per il lavoro dei dipendenti pubblici 2.632 euro l’anno: 685 euro per la scuola e 104 euro per l’università, 638 euro per la sanità, 313 euro per Regioni e enti locali, 110 euro per l’apparato ministeriale”.
“Per tutti gli altri servizi (sicurezza, ricerca, ecc.) restano 781 euro, la ricerca – si sottolinea – ci costa 95 centesimi in un anno, meno di un caffè”, spiegano ancora dal Forum Pa in corso a Roma.
Ora, a cospetto dei 49mila euro spesi dall’erario per ogni dipendente pubblico, va fatta una riflessione. Prima di tutto, va rilevato che sulla spesa media incidono molto i compensi dei dirigenti. Inoltre, nei costi vanno considerate anche altre spese che potremmo classificare come “accessorie”.
Però, il dato che stride è un altro: riguarda quanto percepisce un insegnante. Ora, la Ragioneria generale dello Stato ci dice che si tratta di meno di 29mila euro annui lordi. E a fine carriera non arriva a 40mila euro lordi, contro gli oltre 46mila della media Ue.
La maglia nera della PA spetta però agli Ata: un dipendente amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola percepisce in media 23mila euro. Che, sempre mediamente, fanno circa 1.200 euro netti al mese.
In conclusione, possiamo dire che l’impegno per la scuola rispetto agli altri dipendenti pubblici è più dimezzato. E l’incremento previsto con il nuovo contratto non cambierà molto le cose.
Il motivo è presto detto: l’altissimo numero di dipendenti della scuola, quasi un milione e 200mila lavoratori, penalizza fortemente la categoria. Andando a vanificare l’investimento di ogni cittadino italiano, pari, appunto, a 685 euro. Tra i più alti di tutti i comparti pubblici, superiore anche alla Sanità, dove opera personale altrettanto titolato e iper-specializzato. A conti fatti, però, a fine anno chi opera nella Sanità va a percepire circa 10mila euro in più dei lavoratori della Scuola.
Rimane sempre valido l’esempio che una quindicina di anni fa ci fece Enrico Panini, ex segretario generale Cgil Scuola e oggi super-assessore della giunta napoletana guidata da Luigi De Magistris: “per la scuola è sempre tutto difficile, soprattutto quando si parla di stipendi, un solo euro di aumento comporta un salasso per lo Stato”.
Morale: per alzare gli stipendi degli italiani, bisognerebbe aumentare la spesa pubblica. La quale, però, vive anni di rosso profondo.
Ecco spiegato, allora, perché i nostri maestri e insegnanti guadagnano in Europa meno di tutti, dopo quelli di Grecia e Spagna. E anche perchè gli Ata, oltre 250mila dipendenti, percepiscono gli stipendi più bassi della pubblica amministrazione italiana.
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