Il nostro direttore Alessandro Giuliani lo ha già detto: il prossimo sarà un ferragosto da poveri per docenti e Ata, in considerazione del caro vita e dell’inflazione all’8%, mentre il personale scolastico continua a percepire stipendi fermi a 12 anni fa, se si eccettua il piccolo ritocco del 2018.
Un piccolo ritocco al cedolino dello stipendio del personale scolastico potrebbe tuttavia provenire dal taglio del Cuneo fiscale (di un ulteriore punto percentuale) che dovrebbe andare in porto con il decreto Aiuti bis, per il quale dovrebbe arrivare giovedì 4 agosto il via libera di Palazzo Chigi. Secondo quanto riporta la sezione economica del Corriere della Sera, infatti, sul tavolo del governo ci sarebbero 14,3 miliardi, sui quali discutono ancora in queste ore il sottosegretario Roberto Garofoli, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e quello dell’Economia Daniele Franco.
Cosa cambierebbe per il mondo della scuola?
Sempre secondo il quotidiano nazionale, per un lavoratore con un reddito di 25 mila euro lordi l’anno, vale a dire la soglia massima di cui si sta discutendo, il taglio dell’1% si tradurrebbe in un aumento mensile dello stipendio di circa 19 euro fino a dicembre 2022.
L’incremento dell’importo netto in busta paga sarebbe immediato: ad agosto, con il recupero della decontribuzione di luglio, l’aumento dovrebbe essere di 38 euro rispetto al mese precedente.
Ma non solo: “tenendo conto dell’effetto della decontribuzione dello 0,8% in vigore da gennaio 2022 e fino alla fine dell’anno, si tratta di un aumento di 53 euro rispetto all’anno precedente“, sottolinea la testata milanese.
L’amento dello stipendio non sarà tuttavia definitivo: il taglio dei contributi dovrebbe avere una durata di sei mesi, praticamente sino alla fine del 2022.
E non tutti accederanno: è bene specificare che potrebbe valere solo per i lavoratori dipendenti con redditi fino a 25 mila euro lordi l’anno. Con la possibilità che “restringendosi la platea dei beneficiari, il taglio potrebbe anche superare l’1%”, comportando quindi un incremento più sostanzioso per i (pochi) beneficiari.
Nella scuola, in particolare, l’incremento riguarderebbe quasi tutto il personale Ata, tranne i Dsga, e i precari. Ma anche gli insegnanti neo-assunti ed ad inizio carriera (oppure chi fruisce di un corposo part-time).
La maggior parte dei docenti, invece, rimarrebbe a bocca asciutta: una esclusione, considerando che il progetto iniziale del Governo era quello di estendere il beneficio fiscale a tutti coloro che percepiscono meno di 35 mila euro, avrebbe il sapore dell’ennesima beffa.
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