Nel pomeriggio del 16 maggio le organizzazioni sindacali firmatarie dell’intesa del 23 aprile incontreranno i tecnici del Ministero per proseguire il confronto sul tema del reclutamento e del precariato.
Secondo quanto noi stessi abbiamo già scritto, nel corso dell’incontro, si dovrebbe parlare anche della questione contrattuale: sembra che il presidente Conte voglia mettere sul piatto un’offerta economica significativa; si parla di 120 euro (lordi) di aumento per i docenti in modo da avviare l’equiparazione agli stipendi europei.
Come sarà possibile, nel pomeriggio del 16, o anche nella giornata del 20, data già fissata per un incontro dedicato esclusivamente alla questione contrattuale, entrare in questi dettagli è però un mistero.
I dubbi sono molti.
Intanto un intesa con i tecnici del Miur appare molto improbabile: per un accordo del genere sarebbe necessaria la presenza del ministro Bussetti che però ha già fatto sapere di non poter partecipare a causa di altri impegni istituzionali.
Poi è del tutto evidente che per parlare di soldi ci vogliono stanziamenti conseguenti. E, al momento attuale, soldi non ce ne sono perché bisognerà aspettare almeno l’approvazione della prossima legge di stabilità. E che, per la scuola, non sia tempo di vacche grasse è ormai dimostrato: il ddl Azzolina sulla eliminazione delle “classi pollaio” è fermo da mesi, così come non procede neppure la proposta, caldeggiata dallo stesso ministro Bussetti, per introdurre nelle scuole primarie docenti specializzati in educazione motoria.
In ogni caso va anche detto che, per avviare la stagione contrattuale, è assolutamente indispensabile che il Governo emani un apposito atto di indirizzo che, per il momento, non è neppure in preparazione.
Ma, soprattutto, c’è un problema di fondo: per un aumento di 120 euro lordi per tutti i dipendenti (1.100.000 circa) servirebbero poco meno di 2 miliardi di euro; i sindacati del pubblico impiego, però, hanno già detto che, a questo punto, lo stesso aumento va garantito anche a tutti gli altri statali. E siccome docenti e Ata rappresentano più o meno un terzo dell’intero comparto pubblico, i conti sono presto fatti: per rinnovare i contratti nazionali ci vorrebbero 5-6 miliardi.
E siccome, come dice il proverbio, “senza soldi non si canta messa”, è molto probabile che i sogni di gloria dei sindacati (e anche dello stesso Bussetti) siano destinati per ora a rimanere appunto solamente sogni.
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