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Stipendi insegnanti e dirigenti a confronto. In Italia e UK i maggiori gap

Quanto sono pagati insegnanti e dirigenti scolastici in Italia e nel resto del mondo? Ce lo dice l’ultimo rapporto Ocse pubblicato il 6 settembre scorso, Education at glance 2021, di cui anche il nostro direttore Alessandro Giuliani ha riferito. Una questione che diventa di estrema attualità alla luce del fatto che siamo in attesa dell’atto di indirizzo che guiderà il rinnovo contrattuale per la categoria docente. Atto di indirizzo, tuttavia, che pensiamo sia legato alla prossima legge di bilancio, come ha ipotizzato il nostro vice direttore Reginaldo Palermo.

Il gap maggiore in Italia e in Gran Bretagna

Ma veniamo ai dati. Dal grafico Ocse balza subito all’occhio la differenza tra la comparazione stipendiale docente-dirigente in Italia e la media degli altri Paesi. In Italia, infatti, la remunerazione dei dirigenti scolastici è più che doppia rispetto a quella degli insegnanti, laddove negli altri Paesi i dirigenti vengono remunerati con uno stipendio che è un quarto o un terzo superiore a quello dell’insegnante.

Se in Italia per gli insegnanti ci attestiamo attorno ai 36mila euro annui, il dirigente raggiunge gli 85mila. Simili proporzioni le riscontriamo nel Regno Unito, dove a fronte dei 44mila euro della remunerazione dei docenti, i dirigenti superano i 103mila. Si legge infatti nel documento Ocse: I Paesi e le economie con il premio più alto per i capi di istituto rispetto agli insegnanti sono l’Inghilterra (Regno Unito) (livello di scuola secondario) e l’Italia (livello di scuola primario e secondario), dove gli stipendi effettivi dei capi di istituto sono più del doppio di quelli degli insegnanti.

Si riduce la forbice negli altri Paesi. Nei Paesi Bassi, ad esempio, i docenti ricevono 65mila euro, mentre i dirigenti arrivano a 91 mila. In Irlanda i 53mila euro dei docenti si raffrontano ai 90mila dei dirigenti. In Danimarca i docenti ricevono 53mila euro, i dirigenti 76mila. In Grecia il confronto è 25mila con 36mila. Negli Usa compariamo i 50mila degli insegnanti con gli 87mila dei dirigenti. In Israele, siamo a 38 mila per i docenti e a 62mila per i dirigenti. E via dicendo…

Sempre nel documento Ocse: I premi più bassi, inferiori al 25%, sono in Estonia (a livello primario e secondario) e Lettonia (primario e inferiore secondario). Altri paesi mostrano un forte aumento degli stipendi dei capi di istituto rispetto agli insegnanti del livello secondario, mentre c’è una differenza più moderata a livello primario.

In altre parole, in media nei Paesi Ocse gli stipendi effettivi dei capi di istituto sono più alti di quelli degli insegnanti e il premio aumenta con i livelli di istruzione.

Una variazione che risente dei gradi di scuola, insomma. Nel 2020 gli stipendi dei capi d’istituto sono stati del 51% superiori a quelli degli insegnanti a livello di scuola primaria. Il premio è del 55% al ​​livello di scuola secondaria di primo grado e del 53% al livello di scuola secondaria di secondo grado.

Cosa prende in considerazione il documento Ocse?

Il documento dell’Ocse prende in considerazione gli stipendi effettivi degli insegnanti, quelli provenienti dai pagamenti legati al lavoro, i bonus annuali, i bonus relativi ai risultati, la paga extra per le ferie, il congedo per malattia e altri pagamenti aggiuntivi che possono rappresentare un’aggiunta significativa agli stipendi base.

Gli stipendi medi effettivi – si legge nel rapporto – sono influenzati dalla prevalenza di bonus e indennità nel sistema retributivo. Nella media effettiva degli stipendi vengono valutati gli anni di esperienza e le qualifiche, in quanto questi due fattori hanno un chiaro impatto sui livelli salariali.

I capi di istituto possono essere retribuiti in base a una fascia di stipendio specifica e possono ricevere o meno un’indennità per capi di istituto che va ad aggiungersi ai loro stipendi di base.

Oppure possono anche essere remunerati in base alla scala salariale degli insegnanti e ricevere un indennità aggiuntiva per capo di istituto. L’uso delle fasce salariali degli insegnanti può riflettere il fatto che i capi di istituto sono inizialmente docenti con ulteriori responsabilità.

Le somme dovute ai capi di istituto (che uniscono gli stipendi di base alle indennità del capo di istituto) possono variare in base a criteri relativi alla scuola cui fa capo il dirigente scolastico: ad esempio la dimensione della scuola, il numero di studenti iscritti, il numero di insegnanti. Possono anche variare in base alle caratteristiche individuali degli stessi capi di istituto, come le mansioni che devono svolgere o la loro esperienza pluriennale.

A cosa dobbiamo le forti differenze in Italia?

Il rapporto Ocse rileva che il gap tra la remunerazione del docente e quella del dirigente è più alto in quei Paesi dove la carriera dell’insegnante non beneficia di possibili avanzamenti, come in Italia.

Le prospettive di carriera dei capi di istituto e le relative retribuzioni – leggiamo nel rapporto – sono anche un segnale dei percorsi di avanzamento di carriera disponibili agli insegnanti e il compenso che possono aspettarsi a lungo termine. Una reale progressione di carriera degli insegnanti, dunque, consentirebbe probabilmente di riportare la situazione italiana nella media europea.

Il confronto con le altri professioni di pari livello di istruzione

Un ulteriore confronto particolarmente interessante riguarda la comparazioni con le altre professioni di pari livello. I capi di istituto, a differenza degli insegnanti, in genere guadagnano di più rispetto anche ai lavoratori con un’istruzione simile. Gli stipendi dei capi di istituto sono almeno il 40% in più rispetto a quelli dei lavoratori con un livello di istruzione simile in Inghilterra (Regno Unito) e in Nuova Zelanda.

Al contrario le criticità in fatto di remunerazione degli insegnanti, specie in Italia, riguardano proprio il confronto con le altre professioni di pari livello di istruzione. La mancanza di una progressione di carriera comporta che gli insegnanti, in Italia, pur avendo una laurea, mantengono uno stipendio inferiore agli altri laureati che nel corso della carriera riescono a raggiungere posizioni stipendiali migliori nel tempo. Le differenze quindi si manifestano all’inizio della carriera, in fase di ingresso alla professione, ma si accentuano notevolmente negli anni successivi.

Carla Virzì

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