Stipendi: invece di cancellare gli scatti ai docenti il Ministro Giannini pensi ad adeguarli all’inflazione
“Prima di concentrarsi sul merito degli insegnanti, il nuovo Ministro dell’Istruzione farebbe bene ad adeguare i loro stipendi al costo della vita e alla media dei paesi Ocde, impegnandosi innanzitutto per far stanziare risorse aggiuntive e interrompendo la prassi di effettuare prelievi forzati dai fondi destinati dalle istituzioni scolastiche, ridotti ormai quasi all’osso”: è la risposta di Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, alle intenzioni espresse sulla carta stampata dal neo-Ministro, Stefania Giannini, riguardo alla necessità di rivedere il modello degli scatti d’anzianità stipendiali, reputati in vita solo per “un mancato coraggio politico del passato”.
“Il Ministro Giannini – sottolinea Pacifico – fa bene a preoccuparsi di incentivare la professionalità, ma prima di tutto ha l’obbligo di allineare le buste paga dei docenti italiani all’inflazione, visto che questa nell’ultimo quinquennio è aumentata di circa il 12%. Mentre nello stesso periodo gli stipendi di chi insegna, con l’ultimo Contratto collettivo nazionale di lavoro, si sono attestati attorno ad un incremento del 10%. Per poi bloccarsi con l’approvazione della Legge 122/2010. Tanto da farli sprofondare in fondo alla classifica di quelli percepiti dagli insegnanti europei. È evidente che non si può parlare di introdurre la meritocrazia senza adeguare gli stipendi base al costo della vita indicato dall’Istat”.
Anief-Confedir non può che esimersi dal denunciare che finché ciò non si concretizzerà, le nostre istituzioni continueranno a tradire l’articolo 36 della Costituzione, oltre che a umiliare la professionalità di centinaia di migliaia di insegnanti che operano nei nostri istituti. A tutti i livelli: scuola dell’infanzia, primaria e secondaria. La riprova di tutto ciò è sostenuta anche da diversi studi internazionali, tutti concordi nel dire che oggi a fine carriera i nostri docenti percepiscono tra i 6 e gli 8 mila euro in meno rispetto alla media dei colleghi dei paesi avanzati.
E anche a livello nazionale sono i meno pagati nella PA. Scorrendo l’ultimo ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, emerge che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui: un compenso inferiore anche ai dipendenti dei ministeri, delle regioni e delle autonomie locali. Le professioni ‘in divisa’ percepiscono circa 10 mila euro annui in più. Rispetto ai lavoratori della presidenza del Consiglio del ministri, il gap sale a 20mila euro. Per non parlare dei magistrati, che, forti della sentenza n. 223/2012 favorevole alla concessione degli ‘scatti, viaggiano su parametri completamente diversi portando a casa ogni anno oltre 140 mila euro.
Gli effetti dei dispositivi normativi che hanno portato a questa situazione, hanno comportato per i dipendenti della scuola un danno crescente: ai ‘tiepidi’ incrementi del triennio 2007-2009, è seguito un progressivo peggiorare della situazione. Dopo il 2010, contrassegnato da appena un +0,4%, oltre che dall’entrata in vigore del decreto legge 78 che è andato a bloccare pure la vacanza contrattuale, abbiamo assistito a un 2011 caratterizzato da una crescita retributiva individuale praticamente nulla. E un 2012 che ha comportato addirittura un decremento medio retributivo nella PA dell’1% rispetto all’anno precedente, con la scuola più penalizzata di tutti con un preoccupante -2,6%.
“Prima di progettare qualsiasi riforma – spiega quindi Pacifico – occorre quindi affrontare l’allineamento stipendiale. E per farlo, il legislatore dovrà necessariamente avviare un confronto con tutte le componenti, ad iniziare da associazioni e sindacati, che operano nel settore scolastico. Ed è anche indispensabile che si interrompa la prassi di includere nelle Leggi di Stabilità delle manovre al risparmio che vedono il settore della scuola sistematicamente bersagliato. Come non si possono più approvare dei provvedimenti, come il decreto legislativo 150/2009, voluto dall’allora ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta, che pongono l’istruzione pubblica alla pari degli altri comparti statali. Salvo poi cercare di rettificare l’errore strada facendo, come è accaduto nel 2010 e 2011 quando per recuperare gli scatti di anzianità bloccati per legge – conclude il sindacalista Anief-Confedir – si è andati a ‘raschiare’ quasi un terzo dei risparmi derivanti dalla legge 133/2008 Tremonti-Gelmini”.