Politica scolastica

Stipendi alti, scuole sicure e aperte, obbligo a 3 anni: nessuno c’è riuscito, ora il Pd ci riprova

All’indomani dell’intervista del quotidiano Repubblica al segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti sulla politica che vorrebbero intraprendere i dem nel 2020, prende la parola Camilla Sgambato, responsabile nazionale Scuola e Ricerca del Pd: lo fa per meglio definire i punti prioritari toccati da Zingaretti.

Non sono slogan

I punti sono: formazione e stipendi più alti per gli insegnanti; Edifici sicuri, belli e sostenibili; Obbligo scolastico tra 3 e 18 anni; Scuole aperte fino alle 18.

La responsabile nazionale Scuola e Ricerca si sofferma sui temi, spiegando in cosa consistono.

“Qualcuno – dice la dem – penserà comprensibilmente che, in previsione dell’inizio del nuovo anno, siano i soliti slogan, come spesso accaduto in passato quando affermazioni di principio non sono state seguite da atti concreti. Ma se oggi diciamo che questi sono i punti che qualificano l’azione del Partito Democratico, lo diciamo perché sappiamo che:

Più formazione e stipendi più alti per gli insegnanti è un punto non più rinviabile, per recuperare la dignità e l’importanza che questi professionisti meritano. Diremo prestissimo dove sono le risorse). È una questione di scelte. E noi sceglieremo;

Edifici sicuri, belli e sostenibili è un obiettivo su cui abbiamo sempre investito. Ma non a sufficienza. Già in questa legge di bilancio ci sono risorse in più. Dovremo trovarne altre;

Obbligo scolastico tra 3 e 18 anni, ci stiamo lavorando, perché già dai tre anni i bambini devono andare a scuola e devono starci fino al diploma. Dobbiamo arrivare ad un obiettivo: garantire il diritto allo studio a tutti. Non solo ai capaci e meritevoli.

Scuole aperte fino alle 18, in accordo con i Comuni e le Province, perché più tempo scuola fa bene a tutti, ma soprattutto colma i divari sociali e territoriali”.

Sgambato si rivolge anche al leader del Pd: “Da responsabile della scuola, università e ricerca del Pd, da insegnante, da genitore non posso che ringraziare Nicola Zingaretti per aver messo questi punti tra le priorità dell’azione politica”.

Obiettivi ambiziosi

Al momento, risulta impossibile giudicare il progetto dei democratici, trattandosi infatti di argomenti solo accennati. Di certo, però, si tratta di obiettivi ambiziosi.

Iniziamo con gli stipendi più alti per gli insegnanti: ad oggi, anche con i soldi stanziati con la Legge di Bilancio giunta ieri in Gazzetta Ufficiale, non si raggiungono i 70 euro di incremento mensile. Ed è tutto dire che con il Partito Democratico al Governo, prima con premier Renzi e poi con a capo Gentiloni, non si è andati oltre ad un misero 3,48% di aumento, che ha portato nelle tasche degli statali, quindi anche di insegnanti e Ata, meno di 50 euro netti. Con la aggravante che i governi a seguire sono stati costretti a stanziare, sempre nella legge di bilancio, diverse centinaia di milioni di euro per coprire la cosiddetta perequazione, al fine di evitare l’arretramento degli stipendi più bassi.

Sugli edifici sicuri, belli e sostenibili è vero: gli investimenti ci sono stati, con il Governo di Matteo Renzi che ha investito probabilmente più di tutti, una cifra superiore ai 7 miliardi di euro. Tuttavia, ancora oggi quei soldi e altri ancora non risultano spendibili, per via di assurde norme che li tengono bloccati, con perenni autorizzazioni da apporre e di un eccesso di burocrazia statale. Intanto gli edifici scolastici, la maggior parte dei quali hanno oltre 40 anni, continuano a fare registrare falle e cedimenti vari. Farebbe bene il governo, quindi, a snellire soprattutto l’apparato normativo, così da permettere alla maggior parte dei 40.000 e oltre istituti scolastici di poter essere manutentati e ammodernati.

La modifica del percorso scolastico obbligatorio, invece, rappresenta un tentativo già percorso. Sempre con risultati nulli. Lo stesso ex ministro dell’istruzione Luigi Berlinguer, ormai vent’anni fa, tentò invano di estendere l’obbligo formativo sino alla maggiore età. Ammesso, comunque, che arrivi in via libera del legislatore, rimane il problema non indifferente di andare a rivedere i percorsi formativi fino a sei anni, i quali diventando  scuola a tutti gli effetti necessiterebbero di maestri con almeno una parte di competenze diverse da quelle attuali. Più di qualche dubbio, si porrebbe anche sulla cancellazione dell’ultimo anno delle superiori, visto che si tratterebbe comunque di spalmare l’attuale tempo-scuola su quattro anni piuttosto che sugli attuali cinque. A meno che non si decida di rivedere tutto il percorso formativo, prevedendo quindi la riduzione di una annualità negli altri cicli scolastici.

Non meno difficile è la realizzazione del progetto che vorrebbe tenere le scuole aperte fino alle 18, in accordo con i Comuni e le Province: anche in questo caso, l’idea non è nuova. Di recente, anche l’ex vicepremier leghista Matteo Salvini l’ha più volte esternata. Su questo punto, il problema di fondo è sempre quello di individuare le figure professionali che seguirebbero quotidianamente gli allievi nelle ore pomeridiane: ovviamente, si dovrebbe trattare di personale formato allo scopo, se non di docenti veri e propri. Ma in una scuola dove scarseggiano le risorse umane per le attività curricolari, come si fa a pensare di introdurre educatori e docenti nelle ore pomeridiane? Ammesso che sia fattibile, dove si troverebbero i finanziamenti per questo comunque nobile scopo?

Alessandro Giuliani

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