“Possiamo affermare senza ombra di dubbio che oggi lo Stato è il peggior datore di lavoro del nostro Paese”: sono parole forti quelle pronunciate dal segretario confederale della Uil, Domenico Proietti, nel corso di un incontro svolto a Roma dal titolo “Stop alla penalizzazione dei lavoratori del settore pubblico”, organizzato con le federazioni del settore pubblico Uil-Fpl, Uil Scuola Rua e UilPa.
L’attenzione è stata puntata sulla “costante e pesante penalizzazione” che negli ultimi 15 anni ha subito il lavoro pubblico “da parte di tutti i governi che si sono succeduti alla guida del Paese”. In questo periodo, in effetti, i rinnovi contrattuali sono stati appena due: quello del 2018 e poi quello del dicembre scorso. Sommando i due accordi, però, non si arriva all’8% di aumento.
Con questi rinnovi modesti, il risultato, ha fatto notare il sindacato, è che dal 2008 ad oggi gli stipendi dei dipendenti pubblici hanno perso oltre dieci punti rispetto all’inflazione. Inoltre, se si considera il periodo che va dal 2009 ad oggi, “lo Stato ha risparmiato oltre 13 miliardi, per il costo degli stipendi, per il blocco del turn over e il mancato rinnovo contrattuale. Il personale in sette anni è diminuito di oltre 302 mila unità”.
Alla luce di tutto ciò, per la Uil “servirebbe un finanziamento tra i 7 e gli 11 miliardi” per il rinnovo dei contratti nel triennio 2022-24, “per recuperare l’inflazione e restituire dignità e giustizia” ai lavoratori pubblici. Ma per la nuova tornata contrattuale le risorse, ad ora, non ci sono perché non sono state previste nell’ultima legge di Bilancio.
Il tema sarà di certo al centro dell’incontro convocato dal ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, con i sindacati per venerdì 3 marzo a Palazzo Vidoni. Un primo tavolo di confronto per iniziare ad affrontare i temi legati al pubblico impiego.
“Mi auguro che quest’anno non trascorra invano e ci sia un impegno politico a reperire le risorse per rinnovare i contratti anche nel 2022-24”, ha detto il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo. Questo è un elemento “imprescindibile”, ha replicato il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri: “Se non ci sono i soldi, i contratti non si rinnovano ma i lavoratori hanno diritto al rinnovo per recuperare l’inflazione e il potere reale d’acquisto che hanno perso in questi anni”.
Oltre alla perdita salariale, il sindacato ha denunciato anche altre “iniquità” rispetto al lavoro privato, come i tempi, lunghi, per ottenere il trattamento di fine rapporto/servizio (viene erogato dopo due anni, che possono diventare sette con la pensione anticipata) e l’assenza della detassazione della contrattazione di secondo livello nella pubblica amministrazione.
A sentire Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, a rendere ancora più modesti i compensi dei dipendenti pubblici, a cominciare da quelli della scuola, è la mancata presenza dell’indennità di vacanza contrattuale negli stipendi nelle dimensioni corrette: a febbraio è infatti scattata questa indennità pari però solo all’1,5%, pure una tantum per il solo 2023, e che quindi non tiene conto del tasso d’inflazione 2022-23, come prevederebbe la legge, collocata tra il 10% e il 15%.
L’indennità “dovrebbe essere superiore di dieci volte, anziché tra 6 ai 14 euro, come è stato deciso con la Legge di Bilancio 2023, il tamponamento del costo della vita dovrebbe arrivare ad una media di 80 euro mensili. Ecco perché come Anief abbiamo deciso di procedere con la compagna di recupero del tasso indennità di vacanza contrattuale, gratuita e senza impegno”.
Il sindacato ha anche deciso di procedere con le procedure per “il recupero dell’anno 2013, sottratto illegittimamente dalla carriera del personale scolastico, per procedere con il suo pieno recupero a livello giuridico ed economico: a questo proposito, consigliamo ai dipendenti di chiedere di far partire le diffide prima possibile, comunque entro il 2023, per non incappare nella decadenza temporale prevista dalla legge”, ha consigliato il presidente Marcello Pacifico.