Con i suoi 30.261 euro lordi all’anno la scuola si conferma all’ultimo banco nella media europea degli stipendi degli insegnanti. Una cifra, quella italiana, che si pone 14mila euro sotto la media europea, senza contare che siamo addirittura doppiati dalla Germania, con i suoi 67.138 euro annui. A commentare questo dato è il nostro direttore, Alessandro Giuliani, intervistato da Salvatore Cannata, nell’ambito della rassegna settimanale targata Snadir: “C’è una tendenza nel corso degli anni a rendere stabile questa cifra già modesta. Nell’ambito di una carriera, al massimo, un insegnante può arrivare a percepire 36mila euro lordi annui, siamo veramente lontani dai 44mila della media europea, e anche al di sotto delle cifre di Paesi molto simili al nostro sul fronte economico, come la Spagna” ci spiega il direttore.
“Negli ultimi 3 o 4 anni la tendenza si è persino aggravata – aggiunge – se pensiamo che in Italia abbiamo applicato in 12 anni un solo rinnovo contrattuale, quello del 2018, che teoricamente ha accresciuto le retribuzioni docenti del 3,48%, se non fosse che proprio l’altro giorno, durante la giornata mondiale dell’insegnante, il rapporto Eurydice ci ha fatto notare che l’aumento, a conti fatti, si è attestato attorno all’1%. Poi consideriamo il Covid, la guerra, il rincaro energia, un’inflazione attorno all’8%, e ci rendiamo conto di quanto possa essere modesto lo stipendio dell’insegnante e quanto sia importante arrivare al rinnovo del contratto, per lo meno quello 2019-2021, che garantirà una aumento di circa 100 euro lordi per i docenti, mentre gli Ata si assestano attorno agli 80 euro”.
“Entro fine anno – ci ricorda Alessandro Giuliani – dovrebbe essere finalmente sottoscritto, dato che si tratta di economie legate all’ultima legge di bilancio. Intanto i sindacati chiedono garanzie sul successivo contratto 2022-2024”.
“Peraltro – fa notare il direttore Giuliani – il 3% di aumento, applicato su un collaboratore scolastico, si traduce in 60 euro lordi, non di più, mentre sulla retribuzione di un dirigente vengono fuori 150 euro lordi, che rappresentano un aumento di certo più interessante. Insomma, siamo al paradosso, perché la forbice tra gli stipendi alti e quelli più bassi si andrà ad allargare con questo aumento”.
Vacanze lunghe?
“Oggi fare l’insegnante è difficilissimo” continua in riferimento anche ai fatti di cronaca, alle aggressioni continue, allo scollamento scuola famiglia. E sullo stereotipo delle lunghe vacanze estive precisa: “Va differenziato il ciclo scolastico: se un insegnante di scuola primaria ha una lunga estate, non è così per un insegnante di scuola secondaria impegnato alla maturità, che è costretto per giunta ad andare in vacanza quando i prezzi di viaggio sono doppi o tripli rispetto agli altri periodi”.
E commenta anche la recente crociata del leader della Lega Matteo Salvini che lamentava anche il periodo di vacanze troppo lungo dei bambini: “Non è un periodo più lungo che altrove, è semplicemente più concentrato rispetto agli altri Paesi europei – fa notare – ma bisogna considerare le nostre strutture scolastiche; non possiamo permetterci altrimenti, a fine maggio nelle classi per il caldo è impossibile stare, specie in spazi ridotti e non aereati da condizionatori. Una classe di 35 mq e sovraffollata non risponde neanche alle più elementari norme sulla sicurezza”.
Nuove riforme in arrivo
Ad ogni Governo una nuova riforma della scuola? “Purtroppo sì, ogni ministro tecnico ha cercato di imporre la propria visione dell’Istruzione senza tenere minimamente conto di quanto fatto fino a quel momento, salvo poi accettare i tagli della 133/2008, la riforma del dimensionamento, che ha tagliato docenti specializzati, compresenze, tempo scuola. Tanto che i partiti che si stanno posizionando all’opposizione temono che questo possa ripetersi con il nuovo Governo. Servirebbe una cultura che tuteli la scuola a prescindere dal colore della maggioranza, ma questo non avviene e ad ogni nuovo squadra di Governo si inizia tutto da capo, senza prima prestare ascolto alle parti sociali. Si cerca di imporre una visione ancor prima che ci si sieda al tavolo dei sindacati o che ci si confronti con gli 8 milioni di studenti, che sono i futuri adulti della nostra società”.
“Occorrerebbe un patto di ferro per salvaguardare la scuola e la sanità e altri comparti pubblici che dovrebbero viaggiare in parallelo senza contrasti reciproci. E invece ci troviamo a cambiare, resettare, rattoppare. Al ministero abbiamo dei dirigenti che cercano di tenere la barra dritta ma alla fine non possono che arrendersi e applicare ogni volta le nuove leggi dello Stato”.
“Per non parlare dei problemi del precariato, dei danni dell’algoritmo e quant’altro. Non è solo un problema di risorse – conclude – ma di volontà, di cultura, di politica”.