L’emendamento sull’obbligo di pagare i supplenti entro 30 giorni che il Governo intende far approvare al Senato potrebbe essere privo di efficacia reale.
Il pagamento delle supplenze entro 30 giorni è certamente ottima cosa, anzi diciamo che non dovrebbe neppure essere inserito in una disposizione di legge. Ma i continui e sempe più pesanti ritardi che si sono verificati negli ultimi anni hanno indotto il Governo a intervenire sulla materia.
La norma che verrà inserita nel testo della legge di conversione del decreto 42, all’esame del Senato, è finalizzata ad eliminare ogni indebito ritardo. E così si stabilisce, per esempio, che i dirigenti scolastici che non rispetteranno i temi saranno penalizzati anche con una decurtazione della retribuzione di risultato.
Ma è molto difficile che le nuove regole possano risolvere il problema che è dovuto, principalmente, al fatto che molto spesso i ritardi sono dovuti alla mancanza di fondi a livello centrale, tanto che negli ultimi anni si è dovuto spesso intervenire con un apposito decreto legge per rirpistinare i fondi.
Su quuesto punto l’emendamento è chiaro: “Il pagamento deve comunque avvenire entro il trentesimo giorno successivo all’ultimo giorno del mese di riferimento, ferma restando la disponibilità delle risorse iscritte in bilancio per il pagamento delle spese per i predetti incarichi di supplenza breve o saltuaria”.
A poco servirà il codice identificativo unico che accompegnerà d’ora in poi tutti i docenti supplenti: se il capitolo di spesa non sarà adeguatamente coperto i supplenti dovranno continuare ad aspettare il solito decreto di emergenza.
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