Categorie: Politica scolastica

Stipendi uguali, carichi di lavoro diversi: molti docenti non ci stanno più

Tempo di esami, ed è anche tempo di polemiche fra i docenti: chi è iimpegnato nelle commissioni sostiene – a ragione – di avere un maggior carico di lavoro.

Chi è libero da impegni sostiene – ad altrettanta buona ragione – che non è legittimo essere costretti ad essere comunque presenti a scuola fino al 30 giugno (e alle volte oltre) anche al di fuori del calendario di lavoro deliberato a inizio d’anno dal collegio dei docenti.

La polemica ne apre immediatamente altre, a catena: chi è assegnato a 4 classi fa osservare che in un mese ha 100 compiti in classe da correggere, contrariamente a chi insegna “materie orali” che non deve preoccuparsi neanche di un compito.
E chi insegna una materia orale sostiene che comunque la lezione la deve preparare accuratamente contrariamente a chi insegna educazione fisica che spesso si limita a far giocare i ragazzi a pallavolo.

Insomma, il leit-motiv “siamo tutti uguali” tiene fino ad un certo punto e, soprattutto in alcuni momenti dell’anno scolastico, i problemi esplodono.
L’ “egualitarismo” (anche retributivo) accettato (forse un po’ obtorto collo) dagli insegnanti e comunque sostenuto per tanti anni dai sindacati del comparto sembra ormai stare stretto ad una parte consistente della categoria.

 

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Probabilmente la questione si sarebbe potuta affrontare con un utilizzo appropriato del FIS che però – di fatto – è servito più a remunerare incarichi organizzativi di vario genere che non il lavoro d’aula; con un risultato paradossale: chi ha già un orario impegnativo (molte classi, molti alunni, compiti scritti da correggere) è meno propenso ad accettare incarichi che invece possono essere più facilmente assunti dai docenti con carichi minori.
E così alla fine può facilmente capitare che chi ha carichi minori riesca ad “arrotondare” con un po’ di FIS cosa che non può invece chi ha già una attività di insegnamento più impegnativa.

Forse però questa volta la misura è colma e il malumore presente nella categoria potrebbe costringere i sindacati ad affrontare la questione in sede di rinnovo contrattuale, anche se per la verità l’operazione risulterà molto difficile tenuto conto delle modeste risorse disponibili che non basteranno neppure a garantire un po’ di recupero stipendiale a tutti dopo anni di blocco delle retribuzioni.

 

Reginaldo Palermo

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