Non ci voleva molto per capirlo, e infatti noi lo abbiamo scritto e ripetuto più volte: gli aumenti a tre cifre promessi dal ministro Fioramonti ai docenti sono ancora lontani e gli ostacoli potrebbero arrivare addirittura dalle segreterie confederali dei sindacati.
Infatti, se anche con qualche alchimia il Governo riuscisse a trovare il miliardo e mezzo necessario per il comparto scuola, si porrebbe subito un problema: e agli altri dipendenti pubblici quale trattamento verrebbe riservato?
D’altronde basta leggere un comunicato pubblicato nel sito della Uil per rendersene conto.
Nell’incontro che si è tenuto con il governo sulla prossima legge di bilancio e sulla variazione del Def – scrive la Uil – si è avviato un confronto di merito sui rinnovi dei contratti pubblici, già scaduti dal dicembre 2018, di oltre 3 milioni di lavoratori.
Il sindacato chiede innanzitutto di “chiarire la portata reale degli eventuali incrementi economici, in quanto, come è sempre stato, gli stanziamenti per aprire e concludere il negoziato sono distribuiti in un triennio”.
“Ad oggi – prosegue la Uil – dobbiamo constatare che si è già in ritardo di circa un anno e che le attuali risorse non ci consentono di ipotizzare un avvio delle trattative”.
Ma il passaggio più significativo è secondo noi questo: “Pertanto riteniamo non procrastinabile ulteriormente la tornata contrattuale e chiediamo che si individuino concrete risorse per concludere positivamente la sottoscrizione di tutti i contratti pubblici. Da una prima verifica tecnica con il ministero della economia le poste economiche risultano ancora insufficienti e, oltretutto, inferiori a quelle stanziate per il precedente rinnovo”.
In altre parole, i sindacati del pubblico impiego chiedono che si stanzino le risorse necessarie per l’apertura di tutti i tavoli contrattuali e non solo di quello del comparto scuola, università e ricerca.
Questo significa che si potrà dare avvio alla contrattazione solo dopo che il Governo avrà stanziato le risorse per tutti i contratti e non solo per quello della scuola.
E qui sorge un problema difficile da risolvere: se per la scuola servirà un miliardo e mezzo, per tutto il pubblico impiego occorrerà una cifra tripla, quindi non meno di 4 miliardi e mezzo in tutto. Ma – allo stato attuale – questa cifra non sembra davvero alla portata delle casse dello Stato.
E c’è anche un’altra questione, la permanenza del comparto scuola all’interno del pubblico impiego rende molto complicato pensare ad aumenti per i docenti superiori a quelli di altri dipendenti statali.
La conseguenza è del tutto ovvia: se oggi i docenti sono i laureati meno pagati del pubblico impiego, è pressochè impossibile che con il prssimo contratto si possa modificare questo record negativo.
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