Tra le promesse elettorali appare la rivalutazione retributiva degli insegnanti.
I precedenti storici fanno presagire che il provvedimento non inciderà sull’efficacia del servizio scolastico. Negli anni 80 del secolo scorso, infatti, Amintore Fanfani ha elevato in modo consistente lo stipendio dei docenti: il tran-tran scolastico non ne ha tratto alcun beneficio e il prestigio perduto del lavoro del docente non è stato riconquistato.
Sarebbe opportuno che i contendenti politici non dimenticassero che la direzione per sanare il servizio formativo e per riabilitare la professionalità docente è tracciata, da tanto, tanto tempo. La scuola deve superare la tradizionale sudditanza rispetto alla cultura accademica: deve affermare la sua autonomia e la sua maturità. Una condotta che il decreto 1/2000 ha sancito, riconoscendo l’inconciliabilità tra le finalità delle due istituzioni. Da un lato si trasmette lo stato dell’arte delle diverse discipline, dall’altro lato si formano persone in grado di compiere scelte.
Ne consegue l’inderogabilità della ristrutturazione del disegno organizzativo delle scuole, o meglio, la puntuale applicazione di quanto il legislatore ha prescritto mezzo secolo fa. La scuola deve essere vista come un complesso unitario: tutte le sue componenti (insegnamenti) interagiscono e si coordinano per conquistare la finalità del sistema scolastico. L’ordinario, intangibile e obsoleto modello gerarchico lineare è da abbandonare. [in rete: “Coraggio! Organizziamo le scuole” e “Quale formazione per il dirigente scolastico?” approssimano la via d’uscita]. Un cambiamento necessario, assente nella campagna elettorale: il problema organizzativo e l’adesione agli avanzamenti delle scienze dell’amministrazione sono ignorati dai partiti. Essi hanno assunto un’ottica di breve periodo; gli interventi preannunciati riguardano aspetti necessari, ma non essenziali. Evidentemente la loro idea di scuola è una rielaborazione del loro vissuto studentesco.
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