Il bullismo è una delle vere e proprie piaghe della scuola italiana e non. Nel 2019 l’imprenditrice digitale Chiara Ferragni, oggi incriminata per la questione del pandoro #PinkChristmas, ha messo in commercio una bambola dalle sue sembianze i cui ricavi, sarebbero dovuti andare a Stomp out bullying, un’organizzazione no profit che combatte il bullismo.
Come riporta Open, i giornalisti del programma di Rete4 Zona Bianca hanno contattato su LinkedIn la ceo e fondatrice di Stomp out bullying, Ross Ellis, che, sollecitata sulla vicenda, avrebbe affermato di non sapere chi sia Chiara Ferragni e di “non aver ricevuto alcuna donazione”. Seccata, la donna ha chiesto di non essere più contattata in merito.
La situazione per l’influencer si complica. La Ferragni, adesso è indagata per truffa aggravata per il caso del pandoro dopo la multa dell’Antitrust pari a un milione.
Nel frattempo anche suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche, a Quarta Repubblica, su Rete4, come riporta Il Giornale, ha detto la sua sulla vicenda. La religiosa ha definito i Ferragnez come in preda ad “un moralismo esasperato che li portava a essere giudici non dei fatti ma delle persone”.
Per Suor Monia ai ragazzi oggi servirebbero “testimoni”, non “modelli”. “Il modello Ferragnez, che si è proposto come opinion leader, è crollato Questo modello che loro hanno creato gli si sta ritorcendo contro. Questo è un tema delicato e serio – ha detto la religiosa – Fare beneficenza significa dare qualcosa di proprio a chi è meno fortunato perché ti senti cittadino parte di una comunità a cui dare un contributo. Se si ostenta per innescare un circolo virtuoso allora si deve essere trasparenti e immacolati”.
Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è sentita di intervenire, anche senza fare direttamente il nome dell’influencer, sulla faccenda. La vicenda effettivamente sta avendo moltissima risonanza, vista anche la popolarità della moglie di Fedez, seguita da quasi 30 milioni di followers, molti dei quali giovanissimi.
Ovviamente si è aperto il dibattito: qual è l’esempio che viene dato ai giovani, in tempi di frequentissimi ricorsi al Tar alla prima bocciatura, in tempi di atti di violenza al primo fallimento, al primo no? Ecco un post su X emblematico: “Nell’universo distopico di Chiara Ferragni basta pagare e tutto si può comprare, tutto è in vendita: non solo ghiandole mammarie e glutei, ma pure la fama di benefattrice in luogo di quella di ingannatrice. È questo il modello educativo per le nuove generazioni di questa società?”.
Secondo i dati riportati dal Ministero Della Salute il bullismo non riguarda solo i ragazzi/e delle scuole superiori, ma è un fenomeno purtroppo molto allargato anche nelle fasce di età più piccole.
Secondo i dati della Sorveglianza Health Behaviour in School-aged Children -HBSC Italia 2022, gli atti di bullismo subìti a scuola sono più frequenti nei più piccoli dagli 11 ai 13 anni con particolare riferimento alle ragazze. In dettaglio, gli 11enni vittime di bullismo sono il 18,9 % dei ragazzi e il 19,8% delle ragazze; nella fascia di età di 13 anni sono il 14,6% dei maschi e il 17,3% delle femmine; gli adolescenti (15 anni) sono il 9,9% dei ragazzi e il 9,2% delle ragazze.
Attenzione, quasi il venti percento, vuol dire che due bambini di 11 anni su 20 hanno subito atti di bullismo, numeri veramente enormi.
Un ulteriore elemento allarmante è il fatto che chi dei ragazzi è esposto a episodi di violenza domestica è più propenso ad accettare forme passive di bullismo o viceversa sono più propensi ad esercitare loro stessi forme attive di bullismo nei confronti di coetanei.
Anche per il cyberbullismo, fenomeno sviluppatosi a seguito dell’uso massivo dei social e di internet in generale da parte degli adolescenti, i dati sono preoccupanti: nella fascia di età 11 anni risultano vittime di cyberbullismo il 17.2% dei maschi e il 21,1% delle femmine; i 13enni coinvolti sono il 12,9% dei ragazzi e il 18,4% delle ragazze; gli adolescenti di 15 anni sono il 9,2% dei maschi e l’11,4% delle femmine.
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